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Buon compleanno, Venezia: 1600 anni di un mito ancora avvolto nel mistero

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25 marzo 2021: Venezia compie 1600 anni, e – aggiungiamo noi – li porta divinamente. Ci vuole ben più d’una pandemia globale per intaccare il fascino imperituro di Venezia; ci vuole ben più d’una pandemia globale per estinguere la curiosità dei turisti che torneranno ad affollarla e che puntualmente si domanderanno: “Quand’è nata Venezia?”.

La risposta, piccolo spoiler, non è univoca e si presta a una serie di interpretazioni e varianti. Partiamo dal giorno: per la chiesa cattolica il 25 marzo corrisponde all’Annunciazione del Signore, un ottimo auspicio per far nascere una città, che risulterebbe così “benedetta” a livello divino. Passiamo poi al 421: in quei secoli il territorio lagunare si stava geograficamente plasmando, e scendendo da Alpi e Prealpi, fiumi come il Po, l’Adige, il Brenta, il Piave, il Tagliamento trascinavano verso il mare un’enorme quantità di sabbia e fango. Rallentando verso la foce, i sedimenti davano vita a paludi e isolotti che – a causa delle maree e delle correnti – si trasformavano in lunghe strisce di terreno parallele alla costa: i lidi.

Nella terra di mezzo, tra i lidi e la terraferma, nasceva la laguna, dove un intricato labirinto di canali più o meno profondi rendeva il territorio difficilmente accessibile da parte delle imbarcazioni, a meno di non conoscere l’area come le proprie tasche. È proprio per tale ragione che le popolazioni venete, alle prese con le continue invasioni da parte di Unni, Sarmati, Goti, Alani e Vandali a inizio del 400, videro in quest’area il luogo ideale in cui rifugiarsi. L’Impero romano, che fino ad allora aveva assicurato una sorta di “protezione” contro gli invasori, stava lottando con la sua stessa esistenza e aveva ben altre gatte da pelare, quindi i veneti accettarono il fatto di doversi tutelare da soli, e cominciarono a colonizzare la laguna.

A soli dieci anni dal celebre Sacco di Roma da parte dei Visigoti di Alarico I, mentre il grandioso edificio dell’Impero scricchiola sotto i colpi delle invasioni barbariche, la leggenda narra che consoli patavini esuli da Padova migrarono in laguna. Insieme a un gruppo di abitanti della terraferma, terrorizzati dall’incombente minaccia degli Unni di Attila, scelsero un luogo detto Rivoalto (interpretato popolarmente come “punto rialzato”, mentre il suo significato originario è “rio” – cioè canale – “profondo”) per fissare un nuovo insediamento. Qui, il 25 marzo 421, venne posata la prima pietra della chiesa di San Giacomo di Rialto o San Giacométo, come la chiamano ancor oggi i veneziani, per differenziarla da San Giacomo dall’Orio.

Si deve dunque a dei padovani la nascita di Venezia? In realtà (pare) sia tutto frutto di una ripicca: la conquista di Padova da parte di Venezia nel 1405 creò infatti frustrazioni non di poco conto, e parecchi esponenti di spicco della società padovana contribuirono a costruire questo mito come sorta di “riscatto morale”. Per di più, un casualissimo incendio nel 1420 distrusse l’archivio in cui sembrava fossero presenti documenti maggiormente attendibili relativi alla fondazione.

Altro disastro, altra leggenda: in occasione di un vasto incendio che bruciò molte case a Rialto, un architetto greco nonché fabbricatore di navi – Eutinopo – avrebbe fatto erigere San Giacométo come voto a Dio per evitare che le fiamme si propagassero a dismisura. La chiesa sarebbe stata poi consacrata non da uno, ma da ben quattro vescovi: Severiano di Padova, Ambrogio di Altino, Giacomo di Trevigi e da Epone d’Opitergio. Un’ulteriore versione racconta che la casa di Eutinopo – l’unica a essere in muratura a differenza delle altre, in legno – si sarebbe salvata dall’incendio perché lì aveva dimorato la regina di Padova, inviata lì dal marito e re Giannusio a Rialto. Gli autori di Rialto, Cessi e Alberti, nel 1934 non usano giri di parole: «Torna più verosimile ritardare fino alla seconda metà del secolo XII la costruzione di San Giacométo, la cui povertà artistica fu nella storia compensata dalla luce di una leggenda, che ha creato una forse non meritata aureola di rinomanza».

In effetti, il primo documento che la menziona è del 1152, a fronte di una consacrazione “ufficiale” datata 25 luglio del 1177 dipendendo – questo sì – nei primi tempi dal Vescovo di Padova. La sua aurea “miracolosa”, però, è legata soprattutto al vasto incendio che interessò Rialto nel 1514, e che vide San Giacométo scampare incredibilmente alla furia delle fiamme. Forse è proprio da questo postumo legame con Padova e con un incendio che la leggenda prese forma negli anni a venire, lasciando il mistero tuttora insoluto.

Tanti dubbi, un’unica certezza: indipendentemente dalla veridicità o meno delle narrazioni attorno alla sua fondazione, la città di Venezia è indissolubilmente legata al Prosecco DOC, al punto che l’uno evoca l’altra e viceversa. E, va da sé, il simbolo enologico della Serenissima non poteva non festeggiare il suo 16centesimo compleanno. Per celebrare doverosamente tale occasione, il Consorzio di Tutela – che associa le diverse categorie di produttori, viticoltori singoli e associati, vinificatori e case spumantistiche per garantire lo sviluppo della Denominazione e il rispetto delle regole previste dal Disciplinare di produzione – in collaborazione con il Comune di Venezia ha ideato un’etichetta speciale con il logo dell’anniversario, sia per il Prosecco DOC che per il Prosecco DOC Rosé.

Ci vuole ben più d’una pandemia globale per fermare sia il nostro desiderio di stappare un’ottima bottiglia di Prosecco, DOC, sia di fare onore all’ex Repubblica Marinara: gli appuntamenti per il 25 marzo infatti non mancheranno, sebbene in forma ridotta. Alle 11, all’interno della Basilica di San Marco, il patriarca Francesco Moraglia celebrerà la Messa, che verrà trasmessa anche in diretta televisiva e in streaming per evitare assembramenti; alle 16 tutto il Patriarcato di Venezia ricorderà la fondazione suonando le campane a distesa; alle 18.30 su Rai 2 verrà mandato in onda uno speciale che narrerà la storia di Venezia attraverso immagini e musica, con uno sguardo al futuro.

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