Negli ultimi anni il Prosecco DOC ha costruito i connotati della sua storia e identità di marca basandoli su alcuni legami unici con il territorio e le sue tradizioni e trovando la giusta espressione delle attività di comunicazione nei settori dell’enogastronomia, dell’arte, della cultura, della storia, del cinema, del design e dello sport.

Era il 2016 e Prosecco DOC rendeva omaggio per la prima volta al territorio creando una etichetta speciale dedicata all’Adunata degli alpini di Treviso: tradizione, paesaggi, uomini e donne che meritavano di essere celebrati in maniera unica.

Tre anni dopo, per celebrare il decennale della fondazione del Consorzio del Prosecco DOC, vedeva la luce un’etichetta e un francobollo celebrativo dell’evento, presentato a Roma, presso il Palazzo storico della prima Zecca dell’Italia unita proprio a novembre 2019. Si tratta di una carta-valore postale, stampata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. (tiratura: un milione di esemplari), che raffigura delle vigne con le Alpi sullo sfondo, un tipico paesaggio italiano del nord est evocativo, in particolare, del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, dove si produce il Prosecco DOC; in alto a sinistra è inoltre riprodotto il logo del decimo anniversario del Consorzio di tutela della Denominazione di Origine Controllata Prosecco.

Negli ultimi anni si sono suggellati ulteriori rapporti: il 50esimo di Barcolana (ottobre 2018), la regata velica più grande del mondo, la celebrazione delle opere degli artisti che si sono distinti alla Triennale di Milano, la qualifica di vino d’onore presso l’Ermitage di San Pietroburgo per citarne alcuni.

L’obiettivo sempre uno: celebrare e supportare l’Italian Genio e la convivialità che portano con sé le iniziative in ambito culturale e sportivo dietro ogni partnership. Anche in questo 2021  le bottiglie di Prosecco DOC si sono vestite di etichette sartoriali portabandiera di diversi valori: l’aggregazione dello sci, l’eleganza della storia, la cultura del design, il dinamismo del MotoGP™, la tenacia delle Pantere della Prosecco DOC Imoco Volley e la forza dei Leoni del Benetton Rugby.

Lo scorso inverno, la bottiglia per i Mondiali di Sci Alpino Cortina 2021 ha indossato la maglia azzurra della Nazionale per sottolineare il supporto a un tema tanto amato dal Consorzio come quello dello sport: l’aggregazione di culture e identità, lo spirito di squadra e il rispetto sono valori ben radicati nel mondo Prosecco DOC. Inoltre il candore e l’eleganza di Cortina saranno lo sfondo dei Giochi Olimpici Invernali 2026 con l’obiettivo di adattarsi al territorio e non viceversa: gli impianti che verranno utilizzati sono già esistenti e le strutture nuove saranno eredità per le future generazioni. La salvaguardia del territorio e la sostenibilità sono valori per cui vale la pena brindare con un calice di Prosecco DOC.

Dal candore della montagna allo stile indiscusso di una delle città italiane più amate, Venezia, che nel 2021 ha festeggiato 1600 anni portati con eleganza e stile. Un brindisi al capoluogo veneto che celebra un traguardo importante dalla sua fondazione, il 25 marzo 421. Per rendere omaggio a questa collaudata partnership,  il Consorzio Prosecco DOC le ha dedicato una etichetta dalla sinuosa eleganza che riprende le linee raffinate della città in chiave moderna e internazionale e sarà la bollicina di riferimento per i numerosi eventi programmati fino a marzo 2022: la Regata Storica, la Mostra del Cinema, il Salone Nautico avranno come comune denominatore l’entusiasmo che muove i calici di Prosecco DOC.

Eleganza, equilibro e conoscenza sono le parole che uniscono il Prosecco DOC anche al Museo del Design di Milano. Prosecco DOC ha già rivestito il ruolo di mecenate per nomi come la Triennale di Milano, l’Ermitage di San Pietroburgo, il Teatro Stabile del Veneto e dal 2021 ha deciso di sostenere il nuovo ADI Design Museum di Milano come luogo di racconto e valorizzazione del Made in Italy con un respiro internazionale e un senso della cultura in continuo rinnovamento.

Nell’ambito del motociclismo, Prosecco DOC ha aggiunto le sue inconfondibili bollicine ai FIM AWARDS 2020-2021, la cerimonia di premiazione che celebra ogni anno i campioni del mondo FIM e che nel 2021 ha trovato la sua edizione più grande di sempre. Prosecco è stata protagonista della Cerimonia e del Closing Party, ospitata dal Principato di Monaco, con una speciale etichetta esclusiva realizzata appositamente per l’occasione.

Infine, ma solo in termini temporali, quale accompagnamento migliore per uno spettacolo di teatro musicale se non il vino spumante più amato al mondo?

La risposta non può che essere Prosecco DOC, che inaugura a gennaio 2022 la sua più recente collaborazione in qualità di Official Sparkling Wine di CASANOVA OPERA POP, il nuovo kolossal scritto da Red Canzian, già sold out nelle sue prime date e in tour nei maggiori teatri italiani fino al 13 Marzo 2022. Creato in questi due lunghi anni in cui Canzian, non per sua volontà, è rimasto lontano dalle scene, Casanova è il primo musical inedito a debuttare dopo la riapertura dei teatri. Anche per questa partnership, il Consorzio ha realizzato una bottiglia dedicata allo spettacolo con un’etichetta che raffigura l’artwork originale ad opera di Milo Manara.

Aggregazione, eleganza, cultura, impegno, territorio.

Tutti valori che uniscono, anno dopo anno, le nuove etichette in uno splendido album di ricordi; non semplice gusto estetico ma vera e propria bandiera che Prosecco DOC porta avanti con orgoglio, in prima fila, per raccontare le basi su cui si fonda il Consorzio e le partnership sempre più numerose.

Un impegno sempre concreto ma leggero come il perlage che contraddistingue ogni bottiglia. Per fare delle terre dell’Italian Genio il punto di riferimento di tali valori.

La prima volta che lo vedi riempire il tulip, sobbalzi di stupore. È una meraviglia inaspettata, che devia dal binarismo enologico classico bianco/rosso e regala nuovi toni colore anche alle tradizionali bollicine di festeggiamento. Una sfumatura di rosa piena di riflessi dorati e caldi, esaltati dal perlage lieve che risale il bicchiere, incanta anche il più tradizionalista (o scettico) dei bevitori. Serico agli occhi, voluttuosamente fresco in boccabenvenuto Prosecco DOC Rosé, la variante colore (e sapore) che amplia la gamma del vino spumante più famoso e iconico al mondo. Nuova, o per meglio dire rinnovata nel corso degli anni da un’attenzione sempre maggiore, sia da parte del mercato sia dei produttori stessi, che hanno ragionato bolla dopo bolla su come potenziare un prodotto già pregevole di suo. Ogni goccia, ogni bicchiere svelto da servire, ogni bottiglia cui vengono tolti con delicatezza il contrassegno e la capsula, racchiude in sé la assoluta certezza di bere un unicum perfetto, dal gusto pulito e al tempo stesso profondo. In ogni sorso di Prosecco DOC Rosé si percepisce il viaggio in Italia che la filiera di produzione, dalle zolle soffici del Veneto e Friuli Venezia Giulia, si incarica di compiere e far compiere, in un’onda profumata che raggiunge fino all’ultimo tavolino, bancone, granello di sabbia dall’altra parte della penisola.

Ma il giusto riconoscimento, come in ogni necessità o desiderio di valorizzazione che si rispetti, richiede un salto all’indietro per conoscere, dipanare, ricostruire i dettagli che hanno portato fino a lì. Si chiama storia, e il Prosecco Rosé ne ha più di quanta si pensasse. Alla faccia di chi lo derubrica a moda degli ultimi anni, o peggio ancora a variante gradita solo agli stranieri, rimpicciolendone colpevolmente l’importanza storico-enologica. Parzialmente è vero, i vini rosati sono particolarmente apprezzati sul mercato estero, meno su quello italiano (che pure è in lieve crescita), da cui la scelta internazionale di denominare il Prosecco “Rosé”. Ma escluderli a priori produrrebbe un falso storico. È proprio la storia infatti, quella custodita negli archivi e innervata di racconti locali e dati, a ricostruire com’è cominciata l’avventura dello spumante rosato. Alcune fonti hanno evidenziato come la storia inizi addirittura circa 130 anni fa, nel 1880, con i primi timidi blend di uve a bacca bianca e nera, che venivano fatti fermentare con le tecniche artigianali dell’epoca. È stato poi a cavallo del secondo e terzo millennio, tra gli anni Novanta del Novecento e i primi Duemila, che si è riscoperta la tradizione di vinificare uve Glera e Pinot Nero col metodo Martinotti (che è quello con cui si produce il Prosecco DOC) in proporzioni personalizzate, spesso creative e totalmente a libera interpretazione. Il primo mattone della realizzazione e costruzione della storia personale del Prosecco Rosé. Un disciplinare millimetrico come quello del Prosecco DOC mette in campo analisi chimiche, analisi organolettico-sensoriali, tempi di maturazione delle uve e di vendemmia, durata delle fermentazioni e via lungo il processo dell’intera produzione, parametri e precisi punti imprescindibili.

A molti sembrano solo freddi numeri da rispettare, la burocrazia del disciplinare è letta spesso come gioco all’estro creativo dei produttori, ma in realtà è l’unica garanzia di eccellenza che copre tutta la filiera dal primo passo, dalla zolla di terreno fino al sorso nel bicchiere. La prima volontà di accludere la tipologia Rosé nella tutela del Consorzio è iniziata nel 2009, ma non c’erano ancora movimento e attenzione alla spumantizzazione del connubio Glera&Pinot Nero (vinificato in rosso). Di fronte alle richieste sempre maggiori del mercato, in crescita proporzionale, fissarne i punti chiave è diventata un’urgenza: a settembre 2017 sono iniziate le prime sperimentazioni, e il disciplinare aggiornato è entrato in vigore ufficialmente  l’11 agosto 2020. Le uve del Pinot Nero maturano tra la metà e la fine di agosto, le uve Glera circa due settimane dopo.

È una staffetta di attese, durante la quale le uve di Pinot Nero vengono messe a contatto con le bucce per 5/10 giorni, a seconda della sfumatura di colore che il produttore vuole regalare al proprio Prosecco Rosé. Nel frattempo procede a vendemmiare le uve Glera, si liberano quelle di Pinot Nero dalle bucce e si procede al blend, rispettando la proporzione del disciplinare (85-90% Glera, 10-15% Pinot Nero) e quattro tipologie di “zuccherinità”, che vanno dal Brut Nature all’Extra Brut, fino al Brut e all’Extra Dry. La spumantizzazione dura almeno 60 giorni, il doppio rispetto al Prosecco DOC, per conferire una maggiore stabilità e complessità, sia olfattiva sia gustativa, con note avvolgenti e piacevoli. Da lì, è gusto e abbinamento personale. Ma c’è un immaginario insostituibile che precede, e abbraccia, la scelta del Prosecco DOC Rosé: la freschezza, la vivacità di un momento di fuga dal quotidiano, l’idea lieve del rosa primaverile anche in pieno autunno. I sentori di fiore di acacia, di violetta e glicine, e la pienezza dei frutti rossi con un tocco di mela verde e agrumi, sono esaltati da un’effervescenza che è un invito alla vita. A brindare, dolcemente, al proprio qualcosa da festeggiare.

 

 

Se volessimo mettere tutti i puntini sulle i, ultimamente manco il Natale è stato “con i tuoi”, ma sottilizzare non serve a nulla. Resta il fatto che la Pasqua, rispetto alle festività dicembrine, è da sempre più libera, meno tradizionalista e indipendente. Tradotto: nessun menu fisso – colomba a parte – e l’opportunità di brindare e pasteggiare con le bottiglie che più si amano, Prosecco DOC (ovviamente) incluso. Più che un “con chi vuoi”, forse sarebbe più corretto dire “come vuoi”: dopo l’anno che abbiamo vissuto – e che stiamo tuttora vivendo – abbiamo imparato che essere schiavi di obblighi e convenzioni rappresenta un peso che non vogliamo più sostenere.

Quindi, perché non strutturare un menu a prova di Prosecco DOC per esaltare al massimo il suo profumo floreale e fruttato, nonché il suo sapore fresco, leggero e brioso? Partiamo da un assunto di base: il Prosecco DOC è sinonimo d’aperitivo, di cui è una specie di re, ma si presta benissimo – in particolare nella sua versione Brut, più secca e in linea con un gusto maggiormente internazionale – a un consumo a tutto pasto.

Le bollicine sono da sempre un giusto accompagnamento per le crudités di mare in generale: con le ostriche, con i fasolari, i tartufi o semplicemente con scampi e gamberi di Mazara del Vallo: il Prosecco DOC, con il suo gusto affilato ma al tempo stesso delicato bilancia la sapidità di tali ingredienti, esaltandone i sapori.

Ma non solo: foglie di salvia fritte; tartine o bignè farciti con salmone o storione affumicato; caviale e paté; gamberi in salsa cocktail; formaggi quali scamorza, provola, ricotta o caciocavallo affumicati, gorgonzola dolci o pecorini di media stagionatura sono perfetti insieme al Prosecco DOC, così come le torte salate a base di asparagi, radicchio trevigiano, cipolle o carote. Il sodalizio con ricette a base di ortaggi verdi come zucchine, coste, o spinaci risulta vincente, specialmente se questi ultimi sono abbinati a ricotta, vedi alla voce erbazzone o torta pasqualina. Delicato ed elegante, il Prosecco DOC è ottimo persino con soufflé di zucca o di cavolfiore, così come con sformati di patate o tartiflette.

E gli amanti di carne e salumi? Nemmeno loro sono destinati a rimanere a bocca asciutta: potrebbe apparire un controsenso – essendo portati a pensare immediatamente a un rosso quando si parla di determinati cibi – eppure un Prosecco DOC Brut s’abbina deliziosamente a mortadella o prosciutto cotto (meno al salame o al prosciutto crudo, troppo speziati, che richiedono un appoggio diverso).

Via libera pure a primi con frutti di mare o con delicati sughi di carne; minestre di verdure e a secondi che prevedono pesce al forno (orate o spigole) o carni bianche, in particolare modo pollame. Se siete tra coloro che, con un occhio alla linea, non amano i pasti dalle molte portate ma preferiscono dei piatti unici o delle belle insalatone, il Prosecco DOC, stavolta nella sua versione Extra Dry, è la scelta giusta per rendere interessanti piatti apparentemente più anonimi. Qualche esempio? Una caprese con mozzarella, pomodoro e basilico; un’insalata di riso dagli ingredienti estivi; una Nizzarda con tonno fresco e acciughe del Cantabrico, un’insalata di frutta esotica come mango e avocado, con contorno di noci.

Giunti alla fine, al tanto agognato dessert, meglio optare per un Prosecco DOC Dry, che col suo profumo delicato e fruttato – con sentori di agrumi, pesca bianca e mela verde –; col suo gusto sapido, fresco e morbido, nonché col suo grado zuccherino più alto, servito molto freddo si adatta agli abbinamenti con dolci a pasta secca o lievitata (leggi: la colomba di cui sopra). Guai a commettere uno degli errori più diffusi: non si accostano mai le bollicine di uno spumante secco al dolce; in questo caso le regole degli abbinamenti seguono il principio della concordanza, ovvero dolce con dolce. Il che, a ben vedere vi permetterà pure di coprire tutte e tre le tipologie di spumante in un unico pranzo: per essere una Pasqua in zona arancione o rossa, che ci ricorderemo vita natural durante, poteva andare decisamente peggio.

Il modo migliore di rinfrescarsi durante i lunghi mesi caldi: avere a portata di mano un cocktail a base di liquore di sambuco e Prosecco DOC.
Diventerai il bartender più richiesto per barbecue e feste in famiglia!

Vogliamo raccontarvi di questo cocktail perché c’è poco al mondo di più semplice da eseguire, per fare uno Hugo in casa ti servono queste poche cose facilissime da trovare: un cordiale o liquore al sambuco (come può esserlo il St.Germain), un buon Prosecco DOC e un goccio di seltzer, quando vorrai sdraiarti al caldo sotto un salice piangente vista lago,  in un parco al sole, o al mare con le persone che ami, questi tre ingredienti saranno le sole cose che vorrei nelle tue mani, in un bel bicchiere ghiacciato chiaramente.  Ti chiederai come mai non ne avevi provato uno prima, la tua vita sarebbe probabilmente stata diversa, i toni rotondi e dolci del sambuco si intrecciano perfettamente con la pulizia e leggera acidità del Prosecco DOC.

Ti starai chiedendo perché lo abbiamo tenuto segreto tanto a lungo?
Vi promettiamo che non lo abbiamo tenuto segreto, il vero “problema” in questa storia è che il lungimirante padre dello Hugo Roland Gruber, dal palato e mente che adoriamo, lo ha ideato nel 2005. La scoperta è avvenuta a Naturno, nel Sud Tirolo, in mezzo alle bellissime Dolomiti dove Mr. Gruber ha creato un modern classic cosi ancorato nei nostri cuori e le nostre cocktail list, da ricordare moltissimo l’ascesa nell’olimpo dei nuovi classici del famosissimo Penicillin, creato dal bartender Sam Ross nel bar newyorkese Milk & Honey, anche lui nel 2005.
Che anno strepitoso per i cocktail fu il 2005!

Mr. Gruber ci ha regalato qualcosa che non sapevamo ci mancasse, e non c’è ombra di dubbio sul perché abbia tuttora un successo tale a livello mondiale.

Qual’è il motivo del suo successo?
Il Prosecco DOC chiaramente.

Il vino frizzante italiano che viene sempre di più amato all’estero, nonché uno dei capostipiti della scena dell’aperitivo all’Italiana, e le note vivaci,  botaniche e fruttate del sambuco, danno al drink una pienezza e briosità incredibile.

Parliamo un po di storia ora:
Immaginatevi a prendere il sole nella valle delle Dolomiti, è meta maggio e fa caldo, ma non è un caldo asfissiante; I giorni si fanno sempre più lunghi e quasi vedi l’estate che ti spia da dietro quell’albero. È a questo punto che tutti i forager del mondo cominciano ad urlare all’unisono alla proprie famiglie ed amici “correte a raccogliere i fiori di sambuco prima che scompaiano”.
La tradizione, la storia, e i forager vogliono che si raccolgano ed utilizzino i fiori di sambuco solo verso metà mattina (da alberi più lontani possibili dai fumi della città e delle macchine), quando i bellissimi fiorellini bianchi cominciano a loro volta il processo di farsi una bella tintarella e si aprono al sole, raccogliendone ed incanalandone tutte le cose buone che quest’ultimo porta. A questo punto della loro giornata i fiorellini non hanno ancora assorbito troppo calore, ed è per questo che non si dovrebbero raccogliere verso fine giornata… Il sambuco è bello e buono quanto la sua fioritura effimera. Infatti sfortunatamente l’albero è in fiore solo da fine maggio a giugno.

Ci piacerebbe tanto aiutarvi a far diventare questa fantasia una realtà, semplicemente dandovi la nostra ricetta preferita di un cordiale al sambuco, vi serviranno solo acqua, limone, zucchero e i superbi fiorellini (un bel sacchetto), pre ricreare questa gustosa bevanda.
Lo sciroppo, cordiale o liquore di sambuco è uno di quei nettari incredibili che ti renderanno totalmente dipendete  grazie al sapore unico.
Lo zucchero serve a creare lo sciroppo e preservare il tutto un po’ più a lungo, ma per renderlo non solo ancora più conservabile ma anche molto più buono da bere, il tutto viene “tagliato” con del limone fresco, la sua asprezza bilancia benissimo il tutto. Un vero sapore d’estate.
(Link per la ricetta alla fine dell’articolo, continua a scorrere!)

Un altro aspetto fantastico di questo drink è il suo basso contenuto alcolico, e la freschezza e leggera acidità del Prosecco Doc che lo rendono un successo assoluto nel mondo degli aperitivi (e nel mondo del dopo cena, dopo pranzo, in qualsiasi momento!). Infatti dopo decadi lo Hugo si è ritagliato un posto nelle nostre vite, nei nostri cuori, ed è cosi che si crea un modern classic, in questo caso prendendo spunto da un vero classico della tradizione quale lo spritz.

Proprio come lo straordinariamente famoso Aperol o Campari Spriz, lo Hugo ingloba tutti i preferiti della tradizione italiani: la dolcezza, acidità e un leggero tocco di amaro, a naso invece la botanica del fiore e il bouquet freschissimo dato dalla menta usata come “decorazione”.

Parlando di tradizione, in cosa sono diversi uno Spritz e uno Hugo?

“Leggenda” vuole che la parola spritz derivi dal tedesco “spritzen”. Nel diciannovesimo secolo, quando il Veneto era in mano agli Asburgo, i commercianti, diplomatici o semplici “turisti” di lingua tedesca, che venivano a passare un pò di tempo nel bellissimo territorio non erano abituati alla “potenza” dei nostri vini, era loro consuetudine tagliarli con un pò di seltzer.
“Per cortesia bartender, uno spruzzo d’acqua in questo vino!”

Come potete immaginare lo spumante in quell’area geografica era già incredibilmente famoso ed amato, i primi spritz non erano altro che Glera frizzante ed acqua, e col passar del tempo questa ricetta divenne sempre più amata in Veneto, cosi tanto che i bartender dell’epoca cominciarono a giocare con l’idea di spritz e a crearne i loro, miscelando altri elementi al vino e l’acqua. Divenne il drink più servito dell’inizio del novecento in italia, bevuto dall’alta società austriaca e tedesca durante le loro feste e cene private, e da tutti gli italiani in piazza. Era un aperitivo già allora incredibilmente democratico.

Negli anni 50 questa tendenza ad avere ognuno il proprio stile di spritz si è fermata, quando all’unisono, il popolo, i clienti, i bartender, i vignaioli hanno decretato che lo spritz come lo beviamo tutt’ora sarebbe stato miscelato usando l’aperitivo creato nel 1919 a Padova dai fratelli Barbieri, l’Aperol, un liquore a base di genziana, rabarbaro ecc ecc.. che ricordava molto il Campari, ma con un minor tasso alcolico.

Lo Hugo venne creato come variazione allo spritz Aperol e Campari. Ci piace pensare che il Sig. Gruber sia stato inspirato dalla intossicante magnificenza che è il profumo degli alberi di sambuco nella sua zona delle Dolomiti.
L’amaro del Aperol viene rimpiazzato da uno jigger di cordiale al Sambuco, il quale sapore viene incrementato da lime e menta, rendendo il drink più leggero e fresco.

Come farsi uno Hugo a casa :

È incredibilmente semplice da realizzare e lascerà tutti senza fiato. Tornerà ad essere un must quando potremmo riabbracciarci e ricominciare a stare tutti assieme.
Gli ingredienti che ci serviranno sono:

– Cordiale o liquore al Sambuco (St. Germain si trova in buoni supermercati)
– La vostra etichetta preferita di Prosecco DOC
– una spruzzata d’acqua
– un quarto di lime
– un po’ di menta per guarnire, ma potete sbizzarrirvi con quello che avete a casa, nel frigo…
– un bicchiere da vino capiente pieno di ghiaccio (pieno perché più ghiaccio c’è meno in fretta si scioglie, cosi da non rendere acquoso il drink)

Un paio di semplici step che sono noti a tutto il Veneto e Friuli Venezia Giulia, che adesso renderete anche vostri:

Potete provarlo anche con un Prosecco DOC Rosé cosi da ricordare ai propri amici e famiglia il colore tipico dello spritz.

Per la ricetta del cordiale che vi avevamo promesso prima, seguite le linee guida di  river cottage non ve ne pentirete!

Bevete responsabilmente.

Prendete la vita con leggerezza, che la leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose d’alto
Italo Calvino

L I G H T N E S S  T H A T   I N S P I R E S

La nostra storia vede come protagonisti due giovani. Lei, italo asiatica, è una giovane donna in carriera che compie un viaggio in Italia. Lui, cameriere, ama lo sport più amato al mondo e l’arte.

Ci troviamo nella provincia di Treviso al Ristorante La Ghiacciaia, un luogo di design tra i più belli al mondo.

Alida è così assorta nella sua frenetica attività da non cogliere l’invito gentile di un calice di Prosecco DOC del nostro cameriere Joe. Lui non si arrende e riesce con modi eleganti a proporre ad Alida un calice di Prosecco DOC.

Tra una telefonata e l’altra, Alida decide di lasciarsi andare a una pausa.

Non conosce il mondo che si cela dietro un calice di Prosecco finché non avvicina il naso al calice: in quell’istante un bouquet di note floreali di rosa e fiori di acacia la inebria trasportandola d’emblée in una circolarità in cui la natura è arte e l’arte è la cosa più naturale del mondo.

E’ un viaggio nei luoghi del Genio italiano.
Il Genius loci è Antonio Canova, neoclassico e trevigiano doc.
La vediamo all’interno della Gipsoteca tra le statue neoclassiche di gesso del grande genio, tra cui spicca Adone e Venere.

E’ un viaggio che lei può compiere solo con Joe in compagnia del Prosecco DOC e del Prosecco DOC Rosé.

In una sequenza ritmata e sospesa vediamo sfilare davanti ai nostri occhi, oltre alla Gipsoteca del Canova, Trieste con la sua Piazza Unità d’Italia e il molo audace, il Castello di Miramare, Venezia, il suo Canal Grande e il settecentesco Teatro Goldoni, Prato della Valle e Sant’Antonio a Padova, il Parco naturale della foce dell’Isonzo nel goriziano, la basilica di Aquileia, la leggerezza dei dipinti di Giambattista Tiepolo a Vicenza, la palladiana Villa Emo, la sorgente del Livenza a Gorgazzo, le Dolomiti bellunesi, il Tempio del Canova a Possagno.

Al cortocircuito si aggiungono una vigna semibellussi e un vigneto circolare.

E’ un viaggio d’amore.

La leggerezza dell’arte neoclassica è armonia, leggerezza, grazia.
La vela che vediamo nel mare azzurro sospinta dalla brezza è diretta verso estremo Oriente
Come il veneziano Marco Polo vuole esplorare nuove terre.

La nostra donna, all’inizio dura, ora ha ritrovato la leggerezza, quella che ci eleva sopra la gravità e il peso dell’esistenza.

Bollicine luminose salgono formando mondi, il mondo del Prosecco è giallo paglierino e rosa antico ma le sue sfumature cangianti sono imprendibili.

E’ un mondo in movimento.

La vela, libera, continua il suo viaggio.
La realtà dopo il sogno torna sempre.

Ma stavolta consapevole che basterà un calice di Prosecco a farci sognare ancora.

LIGHTNESS THAT INSPIRES – un film di Carlo Guttadauro
con Giovanni Luzi e Alida Gazzotti

Clicca qui per visualizzare il corto “Lightness That Inspires”

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I premi vinti da Lightness That Inspires:

Menzioni d’onore:

Finalisti:

Semi finalisti:

Quarti di finale:

Selezionati:

50 TOP ITALY, progetto culturale internazionale che mira a diffondere una mappa della ristorazione italiana in  tutto il mondo, in collaborazione con il Consorzio del Prosecco DOC ha avviato un progetto di valorizzazione del Made in Italy in Giappone.

“L’Italia in Giappone” mira a raccontare alcuni dei protagonisti della ristorazione italiana del paese del Sol Levante, abbinando la ricetta dei loro piatti simbolo ad un calice dello spumante italiano più esportato e consumato al mondo, ovvero il Prosecco DOC.

Un format di 4 video, con protagonisti quattro chef e ristoratori tra i punti di riferimento del mangiare italiano in suolo nipponico ed altrettante etichette di Prosecco DOC proposte in abbinamento ai piatti realizzati.

Pasquale Makishima, Pizzeria Braceria Cesari (Nagoya) – Le Contesse Prosecco DOC Rosé Brut Millesimato 2020

Peppe Errichiello, Napoli sta’ ca” (Tokyo) – Torresella Prosecco DOC Rosé Brut Millesimato 2020

Francesco Taglialatela (Tokyo) – La Marca Prosecco DOC Extra Dry

Chef Takahashi, Mansalva (Tokyo) – Villa Sandi Prosecco DOC Rosé Brut Millesimato 2020 “Il Fresco”

Italiani popolo di santi, poeti, navigatori. Ma tra i mari delle bollicine del Prosecco DOC è facile che pure i più esperti lettori dell’Italian Genio nelle carte eno-nautiche perdano la rotta e siano ingannati dai canti seducenti delle sirene delle libagioni, annebbiando le conoscenze che si mixano senza seguire fili logici. Ma già solo cominciare a scegliere una bottiglia di Prosecco DOC dagli scaffali della nostra enoteca del cuore o da quelli forniti del supermercato migliore della zona, seguendo l’istinto della lettura dell’etichetta o affidandosi al consiglio gentile di una persona competente, significa prendere consapevolezza che si sta compiendo il primo passo fisico e decisivo di un preciso rituale di degustazione, composto di tanti piccoli momenti, cruciali e indispensabili al piacere del sorso finale (o iniziale, a seconda dei punti di vista). E dove si deve far propria la più virtuosa e influencing delle citazioni di Dante AlighieriFatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. Anche nel campo apparentemente semplice, e in realtà irto di peculiarità sottili e singolari, delle cose da sapere sul Prosecco DOC.

Cos’è esattamente il Prosecco DOC?

Il Prosecco DOC è un vino bianco a Denominazione di Origine Controllata che può avere tale riconoscimento solo se prodotto nella zona nord-orientale d’Italia, tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, in nove province complessive: quattro in FVG -Gorizia, Trieste, Udine e Pordenone- e cinque in Veneto -Belluno, Padova, Treviso, Venezia, Vicenza-, che abbracciano la curva dolce che affaccia sull’Adriatico. Il Prosecco DOC viene prodotto con uve della varietà Glera, un’uva a bacca bianca dai lunghi grappoli con acini dal colore dolcemente dorato, varietà indigena delle zone del Prosecco DOC, al minimo dell’85% sul totale delle uve scelte. La particolare legatura e cimatura che viene effettuata sulle viti di Glera permette di concentrare al massimo gli aromi profondi, così che gli acini siano rigogliosamente profumati e possano restituire i sentori più sensuali e misteriosi durante la fermentazione. Per il restante 15% si possono utilizzare tipologie varie come il Verdiso, la Bianchetta Trevigiana, la Perera, la Glera lunga, l’amatissimo e versatile Chardonnay, il Pinot Bianco, il Pinot Grigio e negli ultimi tempi viene molto apprezzato il taglio con il Pinot Nero vinificato in bianco. Ma la parte maggiore del lavoro la fa naturalmente l’autoctona Glera, espressione suprema del territorio. Esistono anche due DOC speciali che possono riferirsi solo ai vini bianchi prodotti con uve coltivate, raccolte, vinificate e imbottigliate nelle province di Treviso e Trieste, rispettivamente Prosecco DOC Treviso e Prosecco DOC Trieste. I veri cultori del Prosecco DOC sanno che vale la pena degustarli per cogliere soprattutto le meravigliose affinità che uniscono due città e due territori solo geograficamente distanti.

Quante tipologie di Prosecco DOC esistono e quali sono le differenze?

Nella sua frizzante, apparente semplicità di vino democratico, amato da tutti e dinamicamente versatile (per sfumare piatti, brindare in purezza, ravvivare cocktail), il Prosecco DOC nasconde in realtà delle piccole sottigliezze che ne evidenziano le differenze. E ne definiscono le tre tipologie, tutte e tre molto stimate e variamente apprezzate: Spumante, Frizzante, Tranquillo. Il primo, Prosecco DOC Spumante, è il più celebre e di massima occorrenza senza mai essere inflazionato, perfetto per ogni momento della giornata e della propria vita. Si riconosce dal perlage finissimo, lieve e persistente. A seconda del carico zuccherino (dallo 0 al massimo di 50 g/litro) può essere Brut Nature, Extra Brut, Brut, Extra Dry, Dry o Demi-Sec, e proprio per merito di questo ampio range di zuccheri è in grado di adattarsi alla massima varietà dei pasti con cui si accompagna, alle olive come ai taralli o ai moscardini fritti, una cena completa, un pranzo veloce. Ha molte bollicine e altrettanta personalità il Prosecco DOC Frizzante, dal colore giallo paglierino e dal sapore secco o amabile, più delicato ma al tempo stesso molto esuberante. Zero bollicine e specchiata genuinità da vino bianco per il Prosecco DOC Tranquillo, meno frequente sul mercato ma decisamente da provare in questa variante delicata. Importata dall’800 e perfezionata lungo i secoli, vale la pena anche riscoprire i Prosecco DOC realizzati con la tecnica della rifermentazione in bottiglia, che porta a vulcaniche bottiglie dal palato coinvolgente.

Come si sceglie il miglior Prosecco DOC?

La creazione del disciplinare ha permesso di tutelare pienamente la DOC, che deve rigorosamente rispettare alcune caratteristiche anche alla vendita. Le etichette riportano il contrassegno di Stato con la scritta DOC in inchiostro azzurro, stampato con sistemi anticontraffazione, che sigilla la bottiglia, così da evitare rabbocchi contraffattori: una bottiglia di Prosecco DOC aperta è come “inattivata”, non può più essere riempita, richiusa e spacciata come tale. Le nuove tecnologie assegnano alle bottiglie i QR code che, inquadrati, raccontano via smartphone l’autenticità di ciò che è stato selezionato. Inoltre nell’etichetta parlante, come da regole, va riportato il logo, la dicitura Prosecco DOC e la certificazione dell’origine esplicitata con la scritta Italia – Product of Italy.

Quante tipologie di Prosecco DOC esistono e quali sono le differenze?

Nella sua frizzante, apparente semplicità di vino democratico, amato da tutti e dinamicamente versatile (per sfumare piatti, brindare in purezza, ravvivare cocktail), il Prosecco DOC nasconde in realtà delle piccole sottigliezze che ne evidenziano le differenze. E ne definiscono le tre tipologie, tutte e tre molto stimate e variamente apprezzate: Spumante, Frizzante, Tranquillo. Il primo, Prosecco DOC Spumante, è il più celebre e di massima occorrenza senza mai essere inflazionato, perfetto per ogni momento della giornata e della propria vita. Si riconosce dal perlage finissimo, lieve e persistente. A seconda del carico zuccherino (dallo 0 al massimo di 50 g/litro) può essere Brut Nature, Extra Brut, Brut, Extra Dry, Dry o Demi-Sec, e proprio per merito di questo ampio range di zuccheri è in grado di adattarsi alla massima varietà dei pasti con cui si accompagna, alle olive come ai taralli o ai moscardini fritti, una cena completa, un pranzo veloce. Ha molte bollicine e altrettanta personalità il Prosecco DOC Frizzante, dal colore giallo paglierino e dal sapore secco o amabile, più delicato ma al tempo stesso molto esuberante. Zero bollicine e specchiata genuinità da vino bianco per il Prosecco DOC Tranquillo, meno frequente sul mercato ma decisamente da provare in questa variante delicata. Importata dall’800 e perfezionata lungo i secoli, vale la pena anche riscoprire i Prosecco DOC realizzati con la tecnica della rifermentazione in bottiglia, che porta a vulcaniche bottiglie dal palato coinvolgente.

Come si sceglie il miglior Prosecco DOC?

La creazione del disciplinare ha permesso di tutelare pienamente la DOC, che deve rigorosamente rispettare alcune caratteristiche anche alla vendita. Le etichette riportano il contrassegno di Stato con la scritta DOC in inchiostro azzurro, stampato con sistemi anticontraffazione, che sigilla la bottiglia, così da evitare rabbocchi contraffattori: una bottiglia di Prosecco DOC aperta è come “inattivata”, non può più essere riempita, richiusa e spacciata come tale. Le nuove tecnologie assegnano alle bottiglie i QR code che, inquadrati, raccontano via smartphone l’autenticità di ciò che è stato selezionato. Inoltre nell’etichetta parlante, come da regole, va riportato il logo, la dicitura Prosecco DOC e la certificazione dell’origine esplicitata con la scritta Italia – Product of Italy.

Come si serve il Prosecco DOC?

Mai provato a bere delle bollicine calde, o semplicemente a temperatura ambiente? Meglio di no. Ci sono modi meno dolorosi per espiare i propri peccati. E anche il Prosecco DOC, il capostipite celeberrimo del perlage all’italiana, segue la regola aurea del freddo che ne vivifica la degustazione. Come si serve il Prosecco DOC: freddo di frigorifero, uno dei pochi casi in cui valga la pena (a differenza della pasta o di qualunque alimento, brrr). Termometri alla mano: 6-8 gradi massimo, meglio stare più indietro sulla temperatura perché tanto tenderà a scaldarsi in qualunque ambiente, e glacette ben ghiacciate in cui accogliere la bottiglia, che deve essere coperta almeno fino all’inizio del collo.

Come si conserva il Prosecco DOC?

A differenza di chi ama meditare sorbendo corposi rossi strutturati e ben invecchiati, chi predilige il Prosecco DOC non è una persona che rimugina a lungo sulle cose. Tradotto in termini pratici: il Prosecco DOC non è un vino da conservare. È estemporaneo, allegro, immediato, in un certo senso delicatamente effimero: un invito a cogliere l’attimo. Per questo va consumato preferibilmente entro l’anno successivo alla vendemmia, così che sia al suo meglio aromatico e carbonico. Pronto a far saltare il tappo con l’energia giusta per ogni piccolo momento di gioia del quotidiano.

Apericena, questo goloso mistero. Sfruttato nella sua ibridazione di genere fluido (la Treccani accetta sia il maschile sia il femminile), è il protagonista surrealista del nostro tempo. Nel vero senso della parola: un mistificatore della cronologia rigida della tradizione dei pasti, il guastafeste seducente delle buone abitudini di ogni giorno. Eppure va lodato e riscoperto pure in chiave domestica, specialmente nel periodo storico in cui la leggerezza primaverile dell’aperitivo prolungato oltre il calare del sole, unica concessione di intervallo temporale in cui inscrivere l’apericena, sembra essere molto lontana.

L’apericena semplifica la vita, non richiede nulla se non la voglia -e la volontà- di scrollarsi la giornata di dosso il prima possibile. Permette di anticipare gli assaggi, fa spazio alla creatività in cucina, gioca sulla diversità giorno dopo giorno: niente più buffet stracolmi di proposte, ma assaggi mirati e golosi, buoni, spesso adeguatamente bilanciati, in grado di esaltare anche ciò che si è scelto di bere. In spiaggia o tra i prati delle Dolomiti, nelle città esangui di piena estate, nei crepuscoli di primavera che chiamano un bicchiere via l’altro, annullare gli orari è la migliore risposta al desiderio di non sentirsi costretti, legati a ritmi dettati da altri, liberi di interpretare le ore a piacimento. Perché come il cugino aperitivo di mezzogiorno sempre lodato, dolcemente vintage come le ciotoline molate in fila sui banconi, anche l’apericena raggiunge lo zenit nella combinata magica cibo + vino presa in prestito proprio dal parente più stretto (e in seguito estesa anche al brunch, l’unica colazione dove sia concesso bere alcol senza che nessuno ti giudichi, santo Bloody Mary). Quel bicchiere di Prosecco DOC che rinfrancava la gola assieme ad olive, noccioline e qualche tartina in scioltezza – il suo massimo splendore è nell’espressione colloquiale “appuntare lo stomaco” per non arrivare stremati e affamati al pranzo- , è ancora il pilastro fondativo di ogni pausa di fine giornata. E l’incontro magnifico tra cocktail, vino e food pairing dell’apericena viene interpretato con sempre maggiore elasticità e creatività proprio dagli chef, dai mixologist, persino dai pizzaioli di tutto il mondo, tanto che si è arrivati a invenzioni di strabiliante bontà.

Da gustare sempre in abbinamento al Prosecco DOC, che non conosce confini di apprezzamento: dal San Brite poco fuori Cortina, dove le bollicine gentili e fresche corroborano la sostanza di uno dei piatti più celebri del ristorante stellato (lo spaghetto al pino mugo, servito in una scenografica ciotola ricoperta di gemme di pianta), scendendo sulla Costiera Amalfitana al Faro di Capo d’Orso (Salerno), dove un piatto prettamente vegano come il porro sotto la cenere, ricco di sapori contrastanti e agguati alle papille gustative, trova il suo complemento morbido di degustazione proprio nel Prosecco DOC, in grado di esaltare le componenti croccanti e la morbidezza di cottura del tagliolino cotto in acqua di pomodoro con tartare di lavarello e polvere di cipolla bruciata, secondo l’accoglienza de La Casa degli Spiriti a Verona.

E parliamo di ristorazione di alto livello, che sempre di più si è adattata ai tempi fluidi delle nuove esigenze. Ma ogni cibo si incontra d’amore con il Prosecco DOC. Dal Sud Italia, terra di sontuose creazioni che sanno di mare e vegetali da sottolineare con il giusto perlage, alle peculiarità del Nord dove il connubio pizza + bolle è diventato un vero classico dei mangia&bevi, fino all’estero dove proliferano gioiosamente ottime intuizioni e fantastici crossover culturali, l’apericena è l’occasione per allentare i gangli rigidi di una tradizione secolare.

Esiste un momento preciso dell’orologio per stabilire quando inizia l’apericena? Teoricamente no. Però è profondamente inclusivo, contiene in sé il tempo della cena ma lo sfronda dell’eccesso per arrivare all’essenziale: curare l’appetito con sfizio e la sete con il bere migliore. Al Ceresio 7 di Milano, il lavoro sartoriale dei drink si costruisce sulla personalità di chi si accomoda al bancone o in terrazza, e si declina in cocktail low-alcohol a base di Prosecco DOC con succhi di frutta macerata nell’aceto di mele e zucchero; nel crocevia del Quanto Basta di Lecce, nel cuore del centro storico dietro il Duomo, il più tradizionale degli spritz cambia pelle e diventa Fragoletta in onore di Rossini, con fragole, aceto di vin cotto, aceto di mele e Prosecco DOC, o si trasforma in un omaggio alle bollicine con una base di amaro di angostura, gin, sciroppo di camomilla, estratto di ananas shakerato e poi colmato con il Prosecco DOC.

Chi non vorrebbe, in fondo, saltellare tra un vassoio e l’altro seguendo l’assaggio di una piccola serie di monoporzioni ben curate, deliziose, soddisfacenti, che riempiono gli occhi e la bocca di prelibate soddisfazioni? Un mood da millennials, certo: ma l’apericena non ha età. Di sua sponte, abbatte le barriere sociali e del tempo. Lo dimostrano le alici in tortiera del Quisisana a Capri, dove dalla terrazza vista faraglioni sembra di respirare, abbracciare e mangiare tutto il mediterraneo mentre l’umami del pesce azzurro con la mollica di pane, il piatto povero per eccellenza, si eleva nell’accompagnamento con i friggitelli avvolgendo il palato.

E mette d’accordo tutti, chi ha fame e chi no, chi ama seguire i flussi delle novità boccone dopo boccone e chi invece passerebbe la vita con i piedi sotto ad un tavolino. Il neologismo che i linguisti definiscono “parola macedonia” (altro termine da mix di recupero con cui l’apericena potrebbe avere a che fare in chiave eco-green, come piace a molti paladini del sostenibile), ha il suo plus in un’altro termine molto italiano, sempre legato al concetto di tempo: espresso. Non nel senso del caffè al bar, ma nel senso di esecuzione rapida e assemblaggio di un piatto quasi sul momento. Potrebbe apparentemente andare in contrasto con le ore dilatate dell’apericena, in realtà ne è parte integrante per lo svolgimento. Una felice interpretazione la insegna Danilo Cortellini, Brand Ambassador UK per Prosecco DOC, con le sue ricette mangia&bevi che non solo arricchiscono l’apericena, ma lo rendono proprio perfetto per tutte le stagioni. Il Carpaccio di orata con granita di melograno e Prosecco DOC Rosé è fresco, di altissima qualità, dalla preparazione rapida in grado di far felice ogni estimatore di bolle e pesce: lo chef consiglia di servire la granita in bicchieri ghiacciati per mantenere la texture.

Porzioni: 4
Preparazione: 25 minuti 
Cottura: 5 minutes
Categoria: Antipasto

Ingredienti 
2 orate da 500/600 g (già surgelate a -20 per almeno 24 ore)
2 cucchiaini di semi di melograno
1 avocado maturo
20 g di nocciole pelate e tostate
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
1 limone
1 radicchio
1 ciuffo di basilico o altre erbe per guarnire
Sale e pepe a piacere

Per la granita
200 ml di Prosecco DOC Rosè
100 ml di succo di melograno appena spremuto
25 g di zucchero

Preparazione
Cominciare con la granita: sciogli lo zucchero con il melograno, fai raffreddare e aggiungi il Prosecco Rosè. Metti in freezer (dopo dovrai grattare la superficie per ottenere la giusta consistenza), o nella gelatiera.
Passa al pesce: con un coltello molto affilato, ricava dei filetti dalla parte centrale assicurandoti che il pesce sia pulito, sciacqualo con acqua corrente se necessario. Asciugalo bene ed elimina le spine con una pinzetta. Taglialo a fette sottilissime tenendo la pelle in basso.
Schiaccia l’avocado con un po’ di limone, sale e pepe, per ottenere una purea e mettilo in una sac-à-poche.
Sistema le fette di pesce su un piatto largo e condisci con limone, olio extravergine di oliva, sale e pepe. Aggiungi qualche ciuffo di crema di avocado, trita in modo irregolare qualche nocciola, e i chicchi di melograno. Aggiungi le foglie di radicchio e il basilico, o l’erba che hai scelto. Servi la granita a fianco, fredda di freezer.
Sempre Danilo Cortellini propone le ricche Zeppole al formaggio con Zabaione al Prosecco DOC che, a seconda dei gusti, possono irrobustirsi di guanciale croccante o prestarsi alla versione vegetariana senza carne.

Porzioni: 8
Tempo di preparazione: 50 minuti
Tempo di cottura: 20 minuti
Categorie: antipasto/piatto principale

Ingredienti per le Zeppole:
3 uova
7,5 cl di acqua
7,5 cl di latte
60 gr di burro
90 gr di farina 00
20 gr di Grana Padano grattugiato
Un pizzico di sale

Per lo Zabaione
4 tuorli duovo
10 cl di Prosecco DOC Brut
40 gr di Grana Padano grattugiato
1 gr di zafferano
120 gr di panna montata
Sale e pepe q.b.

Per guarnire
Crosta di Grana Padano gonfiata e polverizzata
2 albumi duovo
Grana Padano Riserva grattugiato
8 fettine di pancetta croccante

Preparazione:
Se non avete mai fatto gonfiare la crosta del formaggio sarete stupiti da quanto è semplice! Posizionare la crosta in un piatto allinterno del microonde per circa 30 secondi/1 minuto e vedrete che si gonfierà. Rimuovere con un coltello affilato le parti più gommose o bruciacchiate. Far raffreddare e polverizzare con un mixer da cucina.
Per preparare lo Zabaione al Prosecco DOC prendere una grande terrina in acciaio, miscelare bene i tuorli duovo con il Prosecco, il Grana Padano grattugiato e lo zafferano. Posizionare la terrina a bagno-maria e cuocere dolcemente mescolando per creare una soffice crema simile allo Zabaione. Non far raggiungere mai il bollore allacqua per non far impazzire le uova.
Una volta che il composto è denso e cremoso, rimuovere dal calore e far raffreddare. Aggiungere sale e pepe secondo il proprio gusto e mescolare delicatamente. Il risultato dovrebbe essere una texture morbida e delicata sullo stile di una crema Chantilly.
Per creare la pasta choux fondere il burro in un mix di latte ed acqua, poi aggiungere gradualmente la farina setacciata mescolando con attenzione con una frusta. Aggiungere un pizzico di sale e cuocere per un paio di minuti miscelando con una spatola in legno per assicurarsi che la farina sia ben cotta. Ora rimuovere dal calore e, mentre il composto è ancora caldo, aggiungere le uova una alla volta, mescolando delicatamente.
Far raffreddare la pasta e posizionarla in una sac-à-poche. Stendere la carta forno su una teglia e creare le zeppole. Devono essere degli anelli di impasto di circa 10 centimetri di diametro. Si può fare un secondo strato di impasto per creare degli anelli più alti e morbidi.
Cuocerli in forno a 170°C per circa 18 minuti o fino a quando saranno ben dorati e di dimensioni circa doppie. Far raffreddare. Per aggiungere croccantezza, spennellare le zeppole con gli albumi duovo sbattuti e spolverizzarli con la crosta di formaggio polverizzata. Mettere in forno nuovamente a 180°C per 2 minuti e far raffreddare.
Tagliare le zeppole orizzontalmente e riempirle di abbondante zabaione al Prosecco DOC. Spolverizzarle con del Grana Padano grattugiato e spezzettarci sopra la pancetta croccante. Da gustare subito (chi resisterebbe daltronde?!).

Un’altra ampia svolta al menu dell’apericena lo dà la pizza. Certezza granitica della gastronomia italiana, può essere un’ottima soluzione e asseconda la voglia di assaggiare diversi gusti dando un twist speciale alla degustazione da aperitivo. Sdoganata la bontà assoluta della pizza con le bollicine del Prosecco DOC, adattabile in tutte le sue varie tipologie a seconda dei topping e degli impasti, non resta che l’imbarazzo (e la curiosità) della scelta.
Alla tradizionale Margherita o Marinara della tradizione napoletana di Gino Sorbillo, ben lievitata, col cornicione importante, da mangiare a portafoglio con voluttuosa partecipazione, si può accostare il classico Prosecco DOC Brut ben freddo, che aiuta a tenere il palato pulito senza appesantire la masticazione.

Ma una splendida lezione di accostamenti arriva anche dalle terre del Prosecco DOC, nello specifico dalla provincia di Belluno, dove ha sede la Pizzeria Da Ezio di Denis Lovatel: che, da uomo di montagna, propone una pizza più sottile e croccante, crunch la definisce lui, con farciture importanti che valorizzano moltissimo, nello specifico, la pizza a base bianca. È qui che il Prosecco DOC dispiega tutta la sua freschezza e vivacità aromatica, alleggerendo il peso specifico delle creme di formaggio e degli ingredienti più sapidi, saporiti e importanti a tutte le ore, versatile, fresco, sa essere lieve dove serve e sostenere in caso di necessità. All’estrema fluidità oraria, organizzativa, gastronomica dell’apericena, il Prosecco DOC contrappone la sua quieta eleganza di certezza incrollabile. Par tout.

 

 

Buona la prima, e il tappo salta mentre un coro di bicchieri si affolla sotto la schiuma per non perdere nemmeno un goccio di prezioso perlage. Scene notturne di teatri aperti, vibranti di emozioni, tra attori e maestranze che tutti insieme si concentrano nel creare una magia. Ma il legame tra il teatro e il vino è profondo, geologico, ancestrale. La collaborazione felice tra il Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni”, l’associazione di produzione teatrale che unisce tre strutture importanti della regione -il Teatro Mario del Monaco di Treviso, il Teatro Verdi di Padova e il Teatro Goldoni di Venezia-, e il consorzio del Prosecco DOC, è proprio questo: un aggiornamento che continua ad intrecciare al contemporaneo le antiche, meravigliose abitudini di colloquio aperto tra il teatro e il vino. Una condivisione che parte dai linguaggi, dai vocabolari che si prestano lemmi e significati, dall’evocazione continua di un rito propiziatorio di felicità. Temporanea e sfuggente, come tutte le felicità. La tradizione della messa in scena risale alla Grecia e ai suoi antichi miti, quando si celebrava il dio del vino e del teatro Dioniso (Bacco per i romani) con apposite rappresentazioni. Servivano non solo a mettere in scena le leggende e le credenze di una cultura profondamente fervida, ma sottolineavano la potenza del dio, la capacità di liberare i veri istinti umani con l’aiuto del vino da lui glorificato, e soprattutto raccontavano indirettamente i capricci della natura, così mutevole da non poter essere davvero controllata ma solo, eventualmente, domata in alcune variabili. Le commedie, i drammi, le tragedie, furono sbozzate in quell’epoca lontana, e chissà che non siano intervenute anche le diverse reazioni alle gollate di vino fermentato che i protagonisti bevevano per darsi coraggio.

Quale migliore rappresentante della doppia categoria di Mirandolina, La Locandiera dalla battuta fresca e dal rabbocco facile, che il genio irriverente di Carlo Goldoni celebrò quale sublime espressione dell’intelligenza machiavellica femminile?

Fare teatro mixando diversi campi d’azione e traendo ispirazione da quanto di più diverso. È arrivato fino a noi, prendendo nuove forme e interpretazioni senza snaturare la propria essenza. Autocelebrandosi, anche, perché è giusto sottolineare ciò che merita di essere evidenziato. Ogni (auto) rappresentazione è un plauso, ogni bottiglia un simbolo. Nell’aria Libiamo ne’ lieti calici da La Traviata di Giuseppe Verdi, la messa in scena gioiosa porta sul palco bicchieri generosamente pieni, e quale migliore modo di festeggiare e libare se non optando per le bollicine freschissime di un Prosecco DOC? Sarebbe piaciuto anche al librettista Francesco Maria Piave, che scrisse le parole del brindisi più celebre della lirica moderna e contemporanea. Il rapporto tra l’Arte del Prosecco e l’Arte del Teatro, entrambe maiuscole per dovere morale, evolve con la tenacia di una vigna ritorta e rifiorisce anche nei tempi più difficili. Questo, in fondo, è l’Italian Genio della Cultura: la capacità di adattamento, la permeabilità tra settori diversissimi tra loro, l’interpretazione delle nuove tecnologie messe a servizio di tradizioni secolari. L’Italian Genio è multidisciplinareextracurricolare, il filo conduttore di storie solo apparentemente lontane; tirandolo significa aprire le quinte di un teatro e mostrare quello che fino ad un momento prima non riuscivamo ancora a vedere. L’arte del Teatro, del Vino e di Arrangiarsi in maniera eccellente. Come quest’anno per la messa in scena di Tosca in occasione dei 120 anni dalla prima rappresentazione, che ha opzionato la trasmissione in streaming dell’opera pucciniana: il Teatro Stabile del Veneto è il primo in Italia ad aver portato un’opera teatrale online. E lo streaming, nell’anno delle assenze fisiche dei teatri, è stato un successo inaspettato che ha quadruplicato l’ipotetica (e mancata) presenza fisica: oltre 800 persone in diretta, più di 2000 visualizzazioni successive, per assistere ancora una volta all’immutato fascino di una storia d’amore eterna. Un’esperienza così ben accolta che si è deciso di ripeterla anche con La Vedova Allegra di Franz Lehár, la più celebre delle operette, ben lontana dal dramma cantato di Tosca. L’effervescenza della protagonista è stata resa anche nella scenografia delle gesta di Hanna Glavari e del conte Danilo, che ha mantenuto la bottiglia di sei metri di Prosecco DOC realizzata in occasione della presentazione del Prosecco DOC Rosé, e che nella messa in scena dell’operetta si versa lentamente in un bicchiere gigante a centro palco, facendo da spartiacque dispettoso ai due stizzosi innamorati.

Tra le assi del palco e le curve ritorte delle viti, l’essenza resta la stessa. Che ci siano le opere di bel canto, le commedie o le tragedie, quello che unisce la recitazione in teatro al Prosecco DOC è il concetto stesso di creazione artistica. E di furba, intelligente interpretazione della realtà: il teatro permette di incarnare chi non si è, scoprire parti di sé che resterebbero dimenticate o inesplorate, portare fuori i tratti distintivi di chi non vorremmo (o potremmo) essere. Un lungo viaggio introspettivo dentro noi stessi che diventa un racconto pubblico, una catarsi (ri)creativa. Come avviene per il Prosecco DOC, il disciplinare di standard massimo è l’obiettivo da raggiungere seguendo i propri percorsi di cantina. Viticoltori come registi di uno spettacolo collettivo dove gli attori tengono fede alla loro imprevedibilità, ma si fanno guidare perché la rappresentazione finale, sul palco e in bottiglia, non perda nessun punto qualitativo. Con l’Italian Genio del più riconoscibile, identificativo, solleticante vino italiano secondo i consumatori stranieri, avviene la stessa cosa: il disvelamento delle parti più profonde di sé, a colpi di sorsi leggeri che allentano i freni inibitori. E liberano una voce che a volte sembra suonare lontana da noi, tanto è intima e irregolare. Come un canto lieve che echeggia dalle vigne, e una inattesa declamazione fuoriscena.