50 TOP ITALY, progetto culturale internazionale che mira a diffondere una mappa della ristorazione italiana in  tutto il mondo, in collaborazione con il Consorzio del Prosecco DOC ha avviato un progetto di valorizzazione del Made in Italy in Giappone.

“L’Italia in Giappone” mira a raccontare alcuni dei protagonisti della ristorazione italiana del paese del Sol Levante, abbinando la ricetta dei loro piatti simbolo ad un calice dello spumante italiano più esportato e consumato al mondo, ovvero il Prosecco DOC.

Un format di 4 video, con protagonisti quattro chef e ristoratori tra i punti di riferimento del mangiare italiano in suolo nipponico ed altrettante etichette di Prosecco DOC proposte in abbinamento ai piatti realizzati.

Pasquale Makishima, Pizzeria Braceria Cesari (Nagoya) – Le Contesse Prosecco DOC Rosé Brut Millesimato 2020

Peppe Errichiello, Napoli sta’ ca” (Tokyo) – Torresella Prosecco DOC Rosé Brut Millesimato 2020

Francesco Taglialatela (Tokyo) – La Marca Prosecco DOC Extra Dry

Chef Takahashi, Mansalva (Tokyo) – Villa Sandi Prosecco DOC Rosé Brut Millesimato 2020 “Il Fresco”

Italiani popolo di santi, poeti, navigatori. Ma tra i mari delle bollicine del Prosecco DOC è facile che pure i più esperti lettori dell’Italian Genio nelle carte eno-nautiche perdano la rotta e siano ingannati dai canti seducenti delle sirene delle libagioni, annebbiando le conoscenze che si mixano senza seguire fili logici. Ma già solo cominciare a scegliere una bottiglia di Prosecco DOC dagli scaffali della nostra enoteca del cuore o da quelli forniti del supermercato migliore della zona, seguendo l’istinto della lettura dell’etichetta o affidandosi al consiglio gentile di una persona competente, significa prendere consapevolezza che si sta compiendo il primo passo fisico e decisivo di un preciso rituale di degustazione, composto di tanti piccoli momenti, cruciali e indispensabili al piacere del sorso finale (o iniziale, a seconda dei punti di vista). E dove si deve far propria la più virtuosa e influencing delle citazioni di Dante AlighieriFatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. Anche nel campo apparentemente semplice, e in realtà irto di peculiarità sottili e singolari, delle cose da sapere sul Prosecco DOC.

Cos’è esattamente il Prosecco DOC?

Il Prosecco DOC è un vino bianco a Denominazione di Origine Controllata che può avere tale riconoscimento solo se prodotto nella zona nord-orientale d’Italia, tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, in nove province complessive: quattro in FVG -Gorizia, Trieste, Udine e Pordenone- e cinque in Veneto -Belluno, Padova, Treviso, Venezia, Vicenza-, che abbracciano la curva dolce che affaccia sull’Adriatico. Il Prosecco DOC viene prodotto con uve della varietà Glera, un’uva a bacca bianca dai lunghi grappoli con acini dal colore dolcemente dorato, varietà indigena delle zone del Prosecco DOC, al minimo dell’85% sul totale delle uve scelte. La particolare legatura e cimatura che viene effettuata sulle viti di Glera permette di concentrare al massimo gli aromi profondi, così che gli acini siano rigogliosamente profumati e possano restituire i sentori più sensuali e misteriosi durante la fermentazione. Per il restante 15% si possono utilizzare tipologie varie come il Verdiso, la Bianchetta Trevigiana, la Perera, la Glera lunga, l’amatissimo e versatile Chardonnay, il Pinot Bianco, il Pinot Grigio e negli ultimi tempi viene molto apprezzato il taglio con il Pinot Nero vinificato in bianco. Ma la parte maggiore del lavoro la fa naturalmente l’autoctona Glera, espressione suprema del territorio. Esistono anche due DOC speciali che possono riferirsi solo ai vini bianchi prodotti con uve coltivate, raccolte, vinificate e imbottigliate nelle province di Treviso e Trieste, rispettivamente Prosecco DOC Treviso e Prosecco DOC Trieste. I veri cultori del Prosecco DOC sanno che vale la pena degustarli per cogliere soprattutto le meravigliose affinità che uniscono due città e due territori solo geograficamente distanti.

Quante tipologie di Prosecco DOC esistono e quali sono le differenze?

Nella sua frizzante, apparente semplicità di vino democratico, amato da tutti e dinamicamente versatile (per sfumare piatti, brindare in purezza, ravvivare cocktail), il Prosecco DOC nasconde in realtà delle piccole sottigliezze che ne evidenziano le differenze. E ne definiscono le tre tipologie, tutte e tre molto stimate e variamente apprezzate: Spumante, Frizzante, Tranquillo. Il primo, Prosecco DOC Spumante, è il più celebre e di massima occorrenza senza mai essere inflazionato, perfetto per ogni momento della giornata e della propria vita. Si riconosce dal perlage finissimo, lieve e persistente. A seconda del carico zuccherino (dallo 0 al massimo di 50 g/litro) può essere Brut Nature, Extra Brut, Brut, Extra Dry, Dry o Demi-Sec, e proprio per merito di questo ampio range di zuccheri è in grado di adattarsi alla massima varietà dei pasti con cui si accompagna, alle olive come ai taralli o ai moscardini fritti, una cena completa, un pranzo veloce. Ha molte bollicine e altrettanta personalità il Prosecco DOC Frizzante, dal colore giallo paglierino e dal sapore secco o amabile, più delicato ma al tempo stesso molto esuberante. Zero bollicine e specchiata genuinità da vino bianco per il Prosecco DOC Tranquillo, meno frequente sul mercato ma decisamente da provare in questa variante delicata. Importata dall’800 e perfezionata lungo i secoli, vale la pena anche riscoprire i Prosecco DOC realizzati con la tecnica della rifermentazione in bottiglia, che porta a vulcaniche bottiglie dal palato coinvolgente.

Come si sceglie il miglior Prosecco DOC?

La creazione del disciplinare ha permesso di tutelare pienamente la DOC, che deve rigorosamente rispettare alcune caratteristiche anche alla vendita. Le etichette riportano il contrassegno di Stato con la scritta DOC in inchiostro azzurro, stampato con sistemi anticontraffazione, che sigilla la bottiglia, così da evitare rabbocchi contraffattori: una bottiglia di Prosecco DOC aperta è come “inattivata”, non può più essere riempita, richiusa e spacciata come tale. Le nuove tecnologie assegnano alle bottiglie i QR code che, inquadrati, raccontano via smartphone l’autenticità di ciò che è stato selezionato. Inoltre nell’etichetta parlante, come da regole, va riportato il logo, la dicitura Prosecco DOC e la certificazione dell’origine esplicitata con la scritta Italia – Product of Italy.

Quante tipologie di Prosecco DOC esistono e quali sono le differenze?

Nella sua frizzante, apparente semplicità di vino democratico, amato da tutti e dinamicamente versatile (per sfumare piatti, brindare in purezza, ravvivare cocktail), il Prosecco DOC nasconde in realtà delle piccole sottigliezze che ne evidenziano le differenze. E ne definiscono le tre tipologie, tutte e tre molto stimate e variamente apprezzate: Spumante, Frizzante, Tranquillo. Il primo, Prosecco DOC Spumante, è il più celebre e di massima occorrenza senza mai essere inflazionato, perfetto per ogni momento della giornata e della propria vita. Si riconosce dal perlage finissimo, lieve e persistente. A seconda del carico zuccherino (dallo 0 al massimo di 50 g/litro) può essere Brut Nature, Extra Brut, Brut, Extra Dry, Dry o Demi-Sec, e proprio per merito di questo ampio range di zuccheri è in grado di adattarsi alla massima varietà dei pasti con cui si accompagna, alle olive come ai taralli o ai moscardini fritti, una cena completa, un pranzo veloce. Ha molte bollicine e altrettanta personalità il Prosecco DOC Frizzante, dal colore giallo paglierino e dal sapore secco o amabile, più delicato ma al tempo stesso molto esuberante. Zero bollicine e specchiata genuinità da vino bianco per il Prosecco DOC Tranquillo, meno frequente sul mercato ma decisamente da provare in questa variante delicata. Importata dall’800 e perfezionata lungo i secoli, vale la pena anche riscoprire i Prosecco DOC realizzati con la tecnica della rifermentazione in bottiglia, che porta a vulcaniche bottiglie dal palato coinvolgente.

Come si sceglie il miglior Prosecco DOC?

La creazione del disciplinare ha permesso di tutelare pienamente la DOC, che deve rigorosamente rispettare alcune caratteristiche anche alla vendita. Le etichette riportano il contrassegno di Stato con la scritta DOC in inchiostro azzurro, stampato con sistemi anticontraffazione, che sigilla la bottiglia, così da evitare rabbocchi contraffattori: una bottiglia di Prosecco DOC aperta è come “inattivata”, non può più essere riempita, richiusa e spacciata come tale. Le nuove tecnologie assegnano alle bottiglie i QR code che, inquadrati, raccontano via smartphone l’autenticità di ciò che è stato selezionato. Inoltre nell’etichetta parlante, come da regole, va riportato il logo, la dicitura Prosecco DOC e la certificazione dell’origine esplicitata con la scritta Italia – Product of Italy.

Come si serve il Prosecco DOC?

Mai provato a bere delle bollicine calde, o semplicemente a temperatura ambiente? Meglio di no. Ci sono modi meno dolorosi per espiare i propri peccati. E anche il Prosecco DOC, il capostipite celeberrimo del perlage all’italiana, segue la regola aurea del freddo che ne vivifica la degustazione. Come si serve il Prosecco DOC: freddo di frigorifero, uno dei pochi casi in cui valga la pena (a differenza della pasta o di qualunque alimento, brrr). Termometri alla mano: 6-8 gradi massimo, meglio stare più indietro sulla temperatura perché tanto tenderà a scaldarsi in qualunque ambiente, e glacette ben ghiacciate in cui accogliere la bottiglia, che deve essere coperta almeno fino all’inizio del collo.

Come si conserva il Prosecco DOC?

A differenza di chi ama meditare sorbendo corposi rossi strutturati e ben invecchiati, chi predilige il Prosecco DOC non è una persona che rimugina a lungo sulle cose. Tradotto in termini pratici: il Prosecco DOC non è un vino da conservare. È estemporaneo, allegro, immediato, in un certo senso delicatamente effimero: un invito a cogliere l’attimo. Per questo va consumato preferibilmente entro l’anno successivo alla vendemmia, così che sia al suo meglio aromatico e carbonico. Pronto a far saltare il tappo con l’energia giusta per ogni piccolo momento di gioia del quotidiano.

Apericena, questo goloso mistero. Sfruttato nella sua ibridazione di genere fluido (la Treccani accetta sia il maschile sia il femminile), è il protagonista surrealista del nostro tempo. Nel vero senso della parola: un mistificatore della cronologia rigida della tradizione dei pasti, il guastafeste seducente delle buone abitudini di ogni giorno. Eppure va lodato e riscoperto pure in chiave domestica, specialmente nel periodo storico in cui la leggerezza primaverile dell’aperitivo prolungato oltre il calare del sole, unica concessione di intervallo temporale in cui inscrivere l’apericena, sembra essere molto lontana.

L’apericena semplifica la vita, non richiede nulla se non la voglia -e la volontà- di scrollarsi la giornata di dosso il prima possibile. Permette di anticipare gli assaggi, fa spazio alla creatività in cucina, gioca sulla diversità giorno dopo giorno: niente più buffet stracolmi di proposte, ma assaggi mirati e golosi, buoni, spesso adeguatamente bilanciati, in grado di esaltare anche ciò che si è scelto di bere. In spiaggia o tra i prati delle Dolomiti, nelle città esangui di piena estate, nei crepuscoli di primavera che chiamano un bicchiere via l’altro, annullare gli orari è la migliore risposta al desiderio di non sentirsi costretti, legati a ritmi dettati da altri, liberi di interpretare le ore a piacimento. Perché come il cugino aperitivo di mezzogiorno sempre lodato, dolcemente vintage come le ciotoline molate in fila sui banconi, anche l’apericena raggiunge lo zenit nella combinata magica cibo + vino presa in prestito proprio dal parente più stretto (e in seguito estesa anche al brunch, l’unica colazione dove sia concesso bere alcol senza che nessuno ti giudichi, santo Bloody Mary). Quel bicchiere di Prosecco DOC che rinfrancava la gola assieme ad olive, noccioline e qualche tartina in scioltezza – il suo massimo splendore è nell’espressione colloquiale “appuntare lo stomaco” per non arrivare stremati e affamati al pranzo- , è ancora il pilastro fondativo di ogni pausa di fine giornata. E l’incontro magnifico tra cocktail, vino e food pairing dell’apericena viene interpretato con sempre maggiore elasticità e creatività proprio dagli chef, dai mixologist, persino dai pizzaioli di tutto il mondo, tanto che si è arrivati a invenzioni di strabiliante bontà.

Da gustare sempre in abbinamento al Prosecco DOC, che non conosce confini di apprezzamento: dal San Brite poco fuori Cortina, dove le bollicine gentili e fresche corroborano la sostanza di uno dei piatti più celebri del ristorante stellato (lo spaghetto al pino mugo, servito in una scenografica ciotola ricoperta di gemme di pianta), scendendo sulla Costiera Amalfitana al Faro di Capo d’Orso (Salerno), dove un piatto prettamente vegano come il porro sotto la cenere, ricco di sapori contrastanti e agguati alle papille gustative, trova il suo complemento morbido di degustazione proprio nel Prosecco DOC, in grado di esaltare le componenti croccanti e la morbidezza di cottura del tagliolino cotto in acqua di pomodoro con tartare di lavarello e polvere di cipolla bruciata, secondo l’accoglienza de La Casa degli Spiriti a Verona.

E parliamo di ristorazione di alto livello, che sempre di più si è adattata ai tempi fluidi delle nuove esigenze. Ma ogni cibo si incontra d’amore con il Prosecco DOC. Dal Sud Italia, terra di sontuose creazioni che sanno di mare e vegetali da sottolineare con il giusto perlage, alle peculiarità del Nord dove il connubio pizza + bolle è diventato un vero classico dei mangia&bevi, fino all’estero dove proliferano gioiosamente ottime intuizioni e fantastici crossover culturali, l’apericena è l’occasione per allentare i gangli rigidi di una tradizione secolare.

Esiste un momento preciso dell’orologio per stabilire quando inizia l’apericena? Teoricamente no. Però è profondamente inclusivo, contiene in sé il tempo della cena ma lo sfronda dell’eccesso per arrivare all’essenziale: curare l’appetito con sfizio e la sete con il bere migliore. Al Ceresio 7 di Milano, il lavoro sartoriale dei drink si costruisce sulla personalità di chi si accomoda al bancone o in terrazza, e si declina in cocktail low-alcohol a base di Prosecco DOC con succhi di frutta macerata nell’aceto di mele e zucchero; nel crocevia del Quanto Basta di Lecce, nel cuore del centro storico dietro il Duomo, il più tradizionale degli spritz cambia pelle e diventa Fragoletta in onore di Rossini, con fragole, aceto di vin cotto, aceto di mele e Prosecco DOC, o si trasforma in un omaggio alle bollicine con una base di amaro di angostura, gin, sciroppo di camomilla, estratto di ananas shakerato e poi colmato con il Prosecco DOC.

Chi non vorrebbe, in fondo, saltellare tra un vassoio e l’altro seguendo l’assaggio di una piccola serie di monoporzioni ben curate, deliziose, soddisfacenti, che riempiono gli occhi e la bocca di prelibate soddisfazioni? Un mood da millennials, certo: ma l’apericena non ha età. Di sua sponte, abbatte le barriere sociali e del tempo. Lo dimostrano le alici in tortiera del Quisisana a Capri, dove dalla terrazza vista faraglioni sembra di respirare, abbracciare e mangiare tutto il mediterraneo mentre l’umami del pesce azzurro con la mollica di pane, il piatto povero per eccellenza, si eleva nell’accompagnamento con i friggitelli avvolgendo il palato.

E mette d’accordo tutti, chi ha fame e chi no, chi ama seguire i flussi delle novità boccone dopo boccone e chi invece passerebbe la vita con i piedi sotto ad un tavolino. Il neologismo che i linguisti definiscono “parola macedonia” (altro termine da mix di recupero con cui l’apericena potrebbe avere a che fare in chiave eco-green, come piace a molti paladini del sostenibile), ha il suo plus in un’altro termine molto italiano, sempre legato al concetto di tempo: espresso. Non nel senso del caffè al bar, ma nel senso di esecuzione rapida e assemblaggio di un piatto quasi sul momento. Potrebbe apparentemente andare in contrasto con le ore dilatate dell’apericena, in realtà ne è parte integrante per lo svolgimento. Una felice interpretazione la insegna Danilo Cortellini, Brand Ambassador UK per Prosecco DOC, con le sue ricette mangia&bevi che non solo arricchiscono l’apericena, ma lo rendono proprio perfetto per tutte le stagioni. Il Carpaccio di orata con granita di melograno e Prosecco DOC Rosé è fresco, di altissima qualità, dalla preparazione rapida in grado di far felice ogni estimatore di bolle e pesce: lo chef consiglia di servire la granita in bicchieri ghiacciati per mantenere la texture.

Porzioni: 4
Preparazione: 25 minuti 
Cottura: 5 minutes
Categoria: Antipasto

Ingredienti 
2 orate da 500/600 g (già surgelate a -20 per almeno 24 ore)
2 cucchiaini di semi di melograno
1 avocado maturo
20 g di nocciole pelate e tostate
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
1 limone
1 radicchio
1 ciuffo di basilico o altre erbe per guarnire
Sale e pepe a piacere

Per la granita
200 ml di Prosecco DOC Rosè
100 ml di succo di melograno appena spremuto
25 g di zucchero

Preparazione
Cominciare con la granita: sciogli lo zucchero con il melograno, fai raffreddare e aggiungi il Prosecco Rosè. Metti in freezer (dopo dovrai grattare la superficie per ottenere la giusta consistenza), o nella gelatiera.
Passa al pesce: con un coltello molto affilato, ricava dei filetti dalla parte centrale assicurandoti che il pesce sia pulito, sciacqualo con acqua corrente se necessario. Asciugalo bene ed elimina le spine con una pinzetta. Taglialo a fette sottilissime tenendo la pelle in basso.
Schiaccia l’avocado con un po’ di limone, sale e pepe, per ottenere una purea e mettilo in una sac-à-poche.
Sistema le fette di pesce su un piatto largo e condisci con limone, olio extravergine di oliva, sale e pepe. Aggiungi qualche ciuffo di crema di avocado, trita in modo irregolare qualche nocciola, e i chicchi di melograno. Aggiungi le foglie di radicchio e il basilico, o l’erba che hai scelto. Servi la granita a fianco, fredda di freezer.
Sempre Danilo Cortellini propone le ricche Zeppole al formaggio con Zabaione al Prosecco DOC che, a seconda dei gusti, possono irrobustirsi di guanciale croccante o prestarsi alla versione vegetariana senza carne.

Porzioni: 8
Tempo di preparazione: 50 minuti
Tempo di cottura: 20 minuti
Categorie: antipasto/piatto principale

Ingredienti per le Zeppole:
3 uova
7,5 cl di acqua
7,5 cl di latte
60 gr di burro
90 gr di farina 00
20 gr di Grana Padano grattugiato
Un pizzico di sale

Per lo Zabaione
4 tuorli duovo
10 cl di Prosecco DOC Brut
40 gr di Grana Padano grattugiato
1 gr di zafferano
120 gr di panna montata
Sale e pepe q.b.

Per guarnire
Crosta di Grana Padano gonfiata e polverizzata
2 albumi duovo
Grana Padano Riserva grattugiato
8 fettine di pancetta croccante

Preparazione:
Se non avete mai fatto gonfiare la crosta del formaggio sarete stupiti da quanto è semplice! Posizionare la crosta in un piatto allinterno del microonde per circa 30 secondi/1 minuto e vedrete che si gonfierà. Rimuovere con un coltello affilato le parti più gommose o bruciacchiate. Far raffreddare e polverizzare con un mixer da cucina.
Per preparare lo Zabaione al Prosecco DOC prendere una grande terrina in acciaio, miscelare bene i tuorli duovo con il Prosecco, il Grana Padano grattugiato e lo zafferano. Posizionare la terrina a bagno-maria e cuocere dolcemente mescolando per creare una soffice crema simile allo Zabaione. Non far raggiungere mai il bollore allacqua per non far impazzire le uova.
Una volta che il composto è denso e cremoso, rimuovere dal calore e far raffreddare. Aggiungere sale e pepe secondo il proprio gusto e mescolare delicatamente. Il risultato dovrebbe essere una texture morbida e delicata sullo stile di una crema Chantilly.
Per creare la pasta choux fondere il burro in un mix di latte ed acqua, poi aggiungere gradualmente la farina setacciata mescolando con attenzione con una frusta. Aggiungere un pizzico di sale e cuocere per un paio di minuti miscelando con una spatola in legno per assicurarsi che la farina sia ben cotta. Ora rimuovere dal calore e, mentre il composto è ancora caldo, aggiungere le uova una alla volta, mescolando delicatamente.
Far raffreddare la pasta e posizionarla in una sac-à-poche. Stendere la carta forno su una teglia e creare le zeppole. Devono essere degli anelli di impasto di circa 10 centimetri di diametro. Si può fare un secondo strato di impasto per creare degli anelli più alti e morbidi.
Cuocerli in forno a 170°C per circa 18 minuti o fino a quando saranno ben dorati e di dimensioni circa doppie. Far raffreddare. Per aggiungere croccantezza, spennellare le zeppole con gli albumi duovo sbattuti e spolverizzarli con la crosta di formaggio polverizzata. Mettere in forno nuovamente a 180°C per 2 minuti e far raffreddare.
Tagliare le zeppole orizzontalmente e riempirle di abbondante zabaione al Prosecco DOC. Spolverizzarle con del Grana Padano grattugiato e spezzettarci sopra la pancetta croccante. Da gustare subito (chi resisterebbe daltronde?!).

Un’altra ampia svolta al menu dell’apericena lo dà la pizza. Certezza granitica della gastronomia italiana, può essere un’ottima soluzione e asseconda la voglia di assaggiare diversi gusti dando un twist speciale alla degustazione da aperitivo. Sdoganata la bontà assoluta della pizza con le bollicine del Prosecco DOC, adattabile in tutte le sue varie tipologie a seconda dei topping e degli impasti, non resta che l’imbarazzo (e la curiosità) della scelta.
Alla tradizionale Margherita o Marinara della tradizione napoletana di Gino Sorbillo, ben lievitata, col cornicione importante, da mangiare a portafoglio con voluttuosa partecipazione, si può accostare il classico Prosecco DOC Brut ben freddo, che aiuta a tenere il palato pulito senza appesantire la masticazione.

Ma una splendida lezione di accostamenti arriva anche dalle terre del Prosecco DOC, nello specifico dalla provincia di Belluno, dove ha sede la Pizzeria Da Ezio di Denis Lovatel: che, da uomo di montagna, propone una pizza più sottile e croccante, crunch la definisce lui, con farciture importanti che valorizzano moltissimo, nello specifico, la pizza a base bianca. È qui che il Prosecco DOC dispiega tutta la sua freschezza e vivacità aromatica, alleggerendo il peso specifico delle creme di formaggio e degli ingredienti più sapidi, saporiti e importanti a tutte le ore, versatile, fresco, sa essere lieve dove serve e sostenere in caso di necessità. All’estrema fluidità oraria, organizzativa, gastronomica dell’apericena, il Prosecco DOC contrappone la sua quieta eleganza di certezza incrollabile. Par tout.

 

 

Buona la prima, e il tappo salta mentre un coro di bicchieri si affolla sotto la schiuma per non perdere nemmeno un goccio di prezioso perlage. Scene notturne di teatri aperti, vibranti di emozioni, tra attori e maestranze che tutti insieme si concentrano nel creare una magia. Ma il legame tra il teatro e il vino è profondo, geologico, ancestrale. La collaborazione felice tra il Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni”, l’associazione di produzione teatrale che unisce tre strutture importanti della regione -il Teatro Mario del Monaco di Treviso, il Teatro Verdi di Padova e il Teatro Goldoni di Venezia-, e il consorzio del Prosecco DOC, è proprio questo: un aggiornamento che continua ad intrecciare al contemporaneo le antiche, meravigliose abitudini di colloquio aperto tra il teatro e il vino. Una condivisione che parte dai linguaggi, dai vocabolari che si prestano lemmi e significati, dall’evocazione continua di un rito propiziatorio di felicità. Temporanea e sfuggente, come tutte le felicità. La tradizione della messa in scena risale alla Grecia e ai suoi antichi miti, quando si celebrava il dio del vino e del teatro Dioniso (Bacco per i romani) con apposite rappresentazioni. Servivano non solo a mettere in scena le leggende e le credenze di una cultura profondamente fervida, ma sottolineavano la potenza del dio, la capacità di liberare i veri istinti umani con l’aiuto del vino da lui glorificato, e soprattutto raccontavano indirettamente i capricci della natura, così mutevole da non poter essere davvero controllata ma solo, eventualmente, domata in alcune variabili. Le commedie, i drammi, le tragedie, furono sbozzate in quell’epoca lontana, e chissà che non siano intervenute anche le diverse reazioni alle gollate di vino fermentato che i protagonisti bevevano per darsi coraggio.

Quale migliore rappresentante della doppia categoria di Mirandolina, La Locandiera dalla battuta fresca e dal rabbocco facile, che il genio irriverente di Carlo Goldoni celebrò quale sublime espressione dell’intelligenza machiavellica femminile?

Fare teatro mixando diversi campi d’azione e traendo ispirazione da quanto di più diverso. È arrivato fino a noi, prendendo nuove forme e interpretazioni senza snaturare la propria essenza. Autocelebrandosi, anche, perché è giusto sottolineare ciò che merita di essere evidenziato. Ogni (auto) rappresentazione è un plauso, ogni bottiglia un simbolo. Nell’aria Libiamo ne’ lieti calici da La Traviata di Giuseppe Verdi, la messa in scena gioiosa porta sul palco bicchieri generosamente pieni, e quale migliore modo di festeggiare e libare se non optando per le bollicine freschissime di un Prosecco DOC? Sarebbe piaciuto anche al librettista Francesco Maria Piave, che scrisse le parole del brindisi più celebre della lirica moderna e contemporanea. Il rapporto tra l’Arte del Prosecco e l’Arte del Teatro, entrambe maiuscole per dovere morale, evolve con la tenacia di una vigna ritorta e rifiorisce anche nei tempi più difficili. Questo, in fondo, è l’Italian Genio della Cultura: la capacità di adattamento, la permeabilità tra settori diversissimi tra loro, l’interpretazione delle nuove tecnologie messe a servizio di tradizioni secolari. L’Italian Genio è multidisciplinareextracurricolare, il filo conduttore di storie solo apparentemente lontane; tirandolo significa aprire le quinte di un teatro e mostrare quello che fino ad un momento prima non riuscivamo ancora a vedere. L’arte del Teatro, del Vino e di Arrangiarsi in maniera eccellente. Come quest’anno per la messa in scena di Tosca in occasione dei 120 anni dalla prima rappresentazione, che ha opzionato la trasmissione in streaming dell’opera pucciniana: il Teatro Stabile del Veneto è il primo in Italia ad aver portato un’opera teatrale online. E lo streaming, nell’anno delle assenze fisiche dei teatri, è stato un successo inaspettato che ha quadruplicato l’ipotetica (e mancata) presenza fisica: oltre 800 persone in diretta, più di 2000 visualizzazioni successive, per assistere ancora una volta all’immutato fascino di una storia d’amore eterna. Un’esperienza così ben accolta che si è deciso di ripeterla anche con La Vedova Allegra di Franz Lehár, la più celebre delle operette, ben lontana dal dramma cantato di Tosca. L’effervescenza della protagonista è stata resa anche nella scenografia delle gesta di Hanna Glavari e del conte Danilo, che ha mantenuto la bottiglia di sei metri di Prosecco DOC realizzata in occasione della presentazione del Prosecco DOC Rosé, e che nella messa in scena dell’operetta si versa lentamente in un bicchiere gigante a centro palco, facendo da spartiacque dispettoso ai due stizzosi innamorati.

Tra le assi del palco e le curve ritorte delle viti, l’essenza resta la stessa. Che ci siano le opere di bel canto, le commedie o le tragedie, quello che unisce la recitazione in teatro al Prosecco DOC è il concetto stesso di creazione artistica. E di furba, intelligente interpretazione della realtà: il teatro permette di incarnare chi non si è, scoprire parti di sé che resterebbero dimenticate o inesplorate, portare fuori i tratti distintivi di chi non vorremmo (o potremmo) essere. Un lungo viaggio introspettivo dentro noi stessi che diventa un racconto pubblico, una catarsi (ri)creativa. Come avviene per il Prosecco DOC, il disciplinare di standard massimo è l’obiettivo da raggiungere seguendo i propri percorsi di cantina. Viticoltori come registi di uno spettacolo collettivo dove gli attori tengono fede alla loro imprevedibilità, ma si fanno guidare perché la rappresentazione finale, sul palco e in bottiglia, non perda nessun punto qualitativo. Con l’Italian Genio del più riconoscibile, identificativo, solleticante vino italiano secondo i consumatori stranieri, avviene la stessa cosa: il disvelamento delle parti più profonde di sé, a colpi di sorsi leggeri che allentano i freni inibitori. E liberano una voce che a volte sembra suonare lontana da noi, tanto è intima e irregolare. Come un canto lieve che echeggia dalle vigne, e una inattesa declamazione fuoriscena.

 

50 TOP ITALY, progetto culturale internazionale che mira a diffondere una mappa della ristorazione italiana in  tutto il mondo, in collaborazione con il Consorzio del Prosecco DOC ha avviato un progetto di valorizzazione del Made in Italy negli USA.

“A Taste of Italy in Manhattan” mira a raccontare alcuni dei protagonisti della ristorazione made in Italy della Grande Mela, abbinando la ricetta dei loro piatti simbolo ad un calice dello spumante italiano più esportato e consumato al mondo, ovvero il Prosecco DOC.

Un format di 5 video, con protagonisti cinque chef e ristoratori tra i punti di riferimento del mangiare italiano a New York ed altrettante etichette di Prosecco DOC proposte in abbinamento ai piatti realizzati.

In collaborazione con l’Associazione degli chef italiani a New York.

La pizza di Roberto Caporuscio, Kestè (New York) – Bottega Prosecco DOC Brut “Gold”

La pizza di Pasquale Cozzolino, Ribalta (New York) – Villa Sandi Prosecco DOC Treviso Brut “Il Fresco”

Il risotto al radicchio di Riccardo Orfino, Alice (Manhattan) – Mionetto Prosecco DOC Treviso Brut

La Mameli Cake di Mario Santoro, Cardinali Bakery (Long Island) – La Marca Prosecco DOC Extra Dry

Il Risotto al Prosecco di Raffaele Solinas, Osteria Brooklyn (Brooklyn)

Partiamo da quella che per molti potrebbe apparire un’ovvietà, ma a volte occorre ribadire anche l’ovvio: nel mondo – e soprattutto in Italia – l’alta ristorazione è una sorta di “grande ambasciatrice” dei vini d’eccellenza nostrani, e gioca un ruolo fondamentale nella loro valorizzazione. In tal senso, l’alta ristorazione è uno degli assi nella manica per trasformare la percezione delle bollicine da “vino per la festa” a “vino da tutto pasto”.

Altra ovvietà: chi meglio dell’alta ristorazione stessa può raccontare l’alta ristorazione? Nello specifico, chi meglio dei maître, dei direttori responsabili della sala, dei sommelier, dei manager, o dei proprietari delle strutture può narrare aspetti intangibili eppure imprescindibili quali l’attenzione, l’accoglienza, la cura, che – insieme alla cucina – rendono unica l’esperienza del cliente?

Con l’obiettivo di valorizzare il rapporto tra Prosecco DOC e alta ristorazione, abbiamo realizzato un vero e proprio percorso narrativo volto a valorizzare il vino nello storytelling dei protagonisti della ristorazione d’eccellenza: partendo con Sara Squarzoni, proprietaria insieme al marito Federico Chignola de La Casa degli Spiriti a Costermano sul Garda, in provincia di Verona, un “balcone sul lago” dove godere di piatti che uniscono colori e sapori del territorio sapientemente abbinati al Prosecco DOC.

Passando per GP Cremonini, patron del veneziano Riviera Ristorante per onnivori, nato grazie al suo infinito amore per la città: qui Cremonini accoglie veneziani e ospiti da tutto il mondo, a cui serve con gioia e calore prodotti del territorio, come le seppie della laguna, accompagnati dall’autentico Prosecco DOC. C’è poi Bonny Ferrara, che con lo chef Francesco Sodano gestisce Il Faro di Capo d’Orso a Maiori, nella splendida cornice della Costiera Amalfitana: il piatto che rappresenta la loro nuova cucina italiana è il porro cotto sotto cenere, caratterizzato da un gusto intenso che si sposa perfettamente con le bollicine del Prosecco DOC.

Si torna poi a nord con Ludovica Rubbini, del Sanbrite, a Cortina d’Ampezzoristorante d’eccellenza che ha recentemente conquistato la prima stella Michelin. Non appena varcata la soglia del Sanbrite, è impossibile non respirare l’autenticità del territorio, l’amore per gli ingredienti genuini a Km0, l’ospitalità e percepire l’anima del Prosecco DOC. Gli spaghetti al pino mugo abbinati alle bollicine diventano quindi l’espressione più raffinata di questo scrigno incantevole nel cuore delle Dolomiti, nonché del saper fare dello Chef Riccardo e della moglie e Direttrice di Sala Ludovica. Infine, il Prosecco DOC vola da Quisisana, hotel di altissimo livello nel cuore di Capri, affacciato sul mare cristallino dell’isola campana, divenuto un punto di riferimento per il turismo internazionale. Aldo D’Errico, padrone della sala da ormai 25 anni, racconta che al Quisisana la bollicina preferita è quella dell’Italian Genio, perfetta per l’aperitivo in terrazza e per l’abbinamento con il pesce mediterraneo. E noi, dall’altra parte, pensiamo che non potrebbe davvero essere altrimenti.

 

Il filo dorato e frizzante del Prosecco DOC, riesce a unire luoghi lontani. Ed è il trait d’union fresco, immediato e aromatico per far incontrare in un universo di sapore cinque tipologie di pizze, cinque modi di intendere il disco di pasta lievitata in grado di rendere felici a tutte le latitudini del mondo, cinque interpretazioni che sembrano unirsi nell’idea comune e circolare di pizza gourmet.

Ma non nel senso snob del termine, bensì a sottolineare la ricerca, la peculiarità, la personalità di chi la realizza. Capostipite involontario Renato Bosco a San Martino Buonalbergo (Verona) ha cominciato con Saporé, poi diventato Renato Bosco Pizzeria, che sull’evoluzione della pizza ha saputo costruire il suo impero di meraviglie. “Parto sempre dalla tradizione, perché senza tradizione non c’è innovazione” afferma, ed è difficile dargli torto. Il Prosecco è quintessenza di come la tradizione potente sia stata levigata fino a raggiungere una eleganza immutabile e comune, simile alla continua e profonda ricerca sulla pizza: insieme sanno rappresentare l’eccellenza italiana più autentica, genuina e geniale.

“Pizza gourmet vuol dire che un ristorante ha messo al centro dell’esperienza culinaria la pizza” sottolinea Davide Iannacco di Taverna Gourmet, a Milano, che ci tiene a evidenziare come le ricette di cucina siano una parte portante della sua idea di pizza. Il topping guarnisce ed esalta la ricchezza della ricerca sulle basi, cotte in forno a legna, e che il Prosecco DOC arriva a sostenere in dolcezza e freschezza.

Le bollicine accompagnano anche il gourmet della pizza omonima di Battil’oro, con burrata affumicata, acciughe del Cantabrico, pepe rosa, basilico e olio extravergine di oliva dell’esploratore Gennaro Battiloro, approdato come un moderno Vasco da Gama dopo esperienze all’estero sulle coste di Forte dei Marmi (“per rimarcare l’importanza delle materie prime: terra, grano, sole, tutto quello che serve per creare un ottimo impasto e farcirlo con materie prime selezionate di qualità”).

E c’è sempre il Prosecco DOC a sostenere la pazza idea felice di Aurora Mazzucchelli di Mollica, a Sasso Marconi (Bologna), che da chef stellata ha scelto di investire sui lievitati dando alla pizza un twist personalissimo: un impasto basato sulla pala romana (con crema di cavolfiore tostato, animelle glassate al burro e dorate, e una salsa alla bernese) oppure una focaccia-panino all’orzo tostato imbottita di prelibatezze, un invito al calice “simpatico” di Prosecco DOC che segue la degustazione con le note fruttate. Tutti gli chef della pizza sanno che la migliore bollicina di Prosecco riuscirà a trovare il suo collocamento aromatico-degustativo, esaltando sempre le pizze.

Il nuovo millennio è istigatore di novità e lo conferma Michele Colpo della Premiata Fabbrica Pizza di Bassano del Grappa, che indica Renato Bosco tra i suoi maestri di arte bianca e spinge l’acidulato del lievitato verso estremi piacevolissimi con la sua personale interpretazione. Non dimenticando di sottolineare l’elemento complementare: “La pizza andrebbe sempre degustata con un Prosecco DOC. La bollicina ti accompagna assieme alle pizze”.

Quante e quali forme può assumere la genialità imprenditoriale tipicamente italiana, quell’irripetibile mix di stile, talento, emozionalità e bellezza che costituisce il cuore del Made in Italy? Che domande: le forme attraverso le quali si concretizza il genio italiano sono infinite, molteplici e complementari. Molti hanno cercato di definire e imbrigliare lo stile di vita italiano, senza però riuscirvi: essere capaci di delimitare i confini d’un concetto che porta con sé la ricercatezza, l’attenzione ai particolari e all’originalità, la capacità di saper riconoscere la bellezza e di saperla creare, la gioia di vivere, non è d’altronde affatto semplice.

L’esperienza italiana è un’esperienza soprattutto di di tipo sensoriale, collegata cioè a gusto, tatto, olfatto e udito – ma anche culturale e formativaProsecco DOC ha saputo intuire che sono proprio questi gli aspetti dell’offerta italiana da comunicare e valorizzare, e ha deciso di raccontarli nel progetto #ItalianGenio. Un brand forte come il Made in Italy possiede infatti un asso nella manica non da poco, il fattore emozionale, in grado di evocare nell’immaginario collettivo uno specifico stile di vita, una qualità peculiare dei prodotti e delle esperienze, un certo tipo di suggestioni e di autenticità. È proprio sul fattore emozionale che le aziende italiane che esportano i loro prodotti e servizi nel mondo devono puntare per tradurre l’attrattiva in valore economico concreto.

Facile a dirsi, diranno in tanti, meno a farsi: perché allora non seguire la narrazione di Prosecco DOC, imparando da chi, già da tempo, è stato capace di dar voce alla genialità italiana? Storia, cultura, natura, bellezza e innovazione sono gli elementi che contraddistinguono le nove province di produzione del Prosecco DOC (in Veneto e in Friuli-Venezia Giulia) e che parallelamente caratterizzano anche le eccellenze imprenditoriali – ossia i vari #ItalianGenio – che si sviluppano in questi territori. Partendo dalla provincia di Treviso con Itlas, azienda di pavimenti prefiniti in legno, che nasce da una scelta molto chiara, per sé e per il consumatore finale: un progetto ecocompatibile di totale garanzia. Passando al vicentino con Arclinea: nata come una falegnameria nel 1925, l’azienda è oggi una realtà virtuosa del settore cucine e arredamenti che fonde estetica, architettura e artigianalità.

Il padovano è presente con Henderson Shoes, un’impresa familiare diventata un marchio della moda italiana esportato a livello mondiale che ha sempre puntato su ingredienti come innovazione e tradizione.

Nel venezianoSlowear è un progetto multibrand che racchiude nel suo nome l’idea di una filosofia “slow” della moda: un marchio d’abbigliamento fiero di mostrare le sue radici locali, pur avendo sviluppato una dimensione globale.

Nella provincia di Pordenone risuona invece l’esempio di Brionvega: azienda di elettronica di design nata in Veneto, spostatasi a Milano, che ha da sempre puntato su personaggi al top dell’industrial design italiano, per arrivare ad avere un radiofonografo tra gli oggetti al MoMA di New York.

Trieste, da una brillante intuizione nasce AREA Science Park, ente che opera nel mondo della ricerca e dell’innovazione a sostegno delle imprese: in tale contesto si sviluppa Cooperativa Primo Principio che – con la sua tecnologia applicata all’agricoltura di precisione – supporta i produttori di Prosecco DOC. L’origine di Moroso s’attesta invece negli anni ’50 a Udine, area fondamentale per il settore del legno e per la produzione di mobilio: originalità, qualità e passione sono i valori che accomunano Prosecco DOC e questa realtà di fama internazionale, che oggi vanta collaborazioni con alcuni dei designer più talentuosi al mondo.

Chiudiamo prima con la provincia di Gorizia, dove il saper fare artigiano di Alto Adriatico Custom trova la sua realizzazione in imbarcazioni create a Monfalcone, polo nautico di lunga tradizione, dai maestri d’ascia Paolo e Odilio.

Infine, ultimo ma non meno importante, il bellunese, in cui spicca De Rigo, uno dei leader mondiali nel design, nella produzione e nella distribuzione di occhiali high-end di alta qualità, e tra più importanti retailer nel campo dell’ottica internazionale.

In alto i calici e buon #ItalianGenio a tutti!

50 TOP ITALY, progetto culturale internazionale che mira a diffondere una mappa della ristorazione italiana in  tutto il mondo, in collaborazione con il Consorzio del Prosecco DOC ha avviato un progetto di valorizzazione del Made in Italy a Ginevra, Svizzera.

“L’Italie à Genève” mira a raccontare alcuni dei protagonisti della ristorazione made in Italy della città elvetica, abbinando la ricetta dei loro piatti simbolo ad un calice dello spumante italiano più esportato e consumato al mondo, ovvero il Prosecco DOC.

Un format di 12 video, con protagonisti 4 chef e ristoratori tra i punti di riferimento del mangiare italiano a Ginevra e 12 etichette di Prosecco DOC proposte in abbinamento ai piatti realizzati.

La Pizza Campese di Kytaly (Genève) – Cantina Montelliana Prosecco DOC Treviso Extra Dry

Pasta alla ventresca di tonno di Kytaly (Genève) – Tenuta Santomè Prosecco DOC Treviso Brut

La Pizza Capricciosa di Kytaly (Genève) – Ponte 1948 Prosecco DOC Rosé Brut Millesimato 2019

La Pizza ai Gamberi di Mazara del Vallo di Luigia (Genève) – Salatin Prosecco DOC Treviso Brut

La Pizza polpo e patate di Luigia (Genève) – La Marca Prosecco DOC Treviso Extra Dry

La Pizza con baccalà mantecato e taralli di Luigia (Genève) – Ruggeri Prosecco DOC Rosé Brut Millesimato 2019

Gli scampi de “Il Lago” Four Seasons (Genève) – Le Contesse Prosecco DOC Brut Nature

I ravioli de “Il Lago” Four Seasons (Genève) – Le Rughe Prosecco DOC Extra Dry

Il carré d’agnello de “Il Lago” Four Seasons (Genève) – Terra Serena Prosecco DOC Rosé Brut Millesimato 2019

La focaccia del Vicolo 39 (Genève) – Masottina Prosecco DOC Extra Brut

I tortelli alla parmigiana del Vicolo 39 (Genève) – V8+ Prosecco DOC Brut Millesimato 2019

Il pesce del giorno del Vicolo 39 (Genève) – Villa Sandi Prosecco DOC Rosé Brut Millesimato 2019