Metafora calcistico-televisiva a parte, rimane un dato di fatto: il vitigno Glera, storicamente diffuso nel Veneto, costituisce la base del Prosecco DOC, in quanto le sue uve devono essere contenute in una percentuale minima dell’85% all’interno di quello che è lo spumante più conosciuto al mondo. Il restante 15% può essere costituito da varietà autoctone quali Verdiso, Bianchetta Trevigiana, Perera e Glera Lunga e da varietà internazionali quali Chardonnay e Pinot.

Il vitigno Glera è intrinsecamente legato al Veneto, ma in seguito allo straordinario successo del Prosecco DOC la sua coltivazione si è estesa anche in Friuli-Venezia Giulia; in  realtà si potrebbe parlare di ritorno alle sue radici dato che è proprio un paese vicino a Trieste, che non a caso si chiama Prosecco, la località di origine del nostro beniamino.

Il Glera è un tipo di uva bianca; i suoi tralci sono di tonalità nocciola scura e producono grappoli d’uva color paglierino; il suo utilizzo si fa risalire sin all’epoca degli Antichi Romani, che consideravano il vino Pucino -l’antenato del nostro Prosecco- un vero elisir di giovinezza.

Robusto e vigoroso, il vitigno Glera regala al Prosecco DOC una piacevolissima – nonché riconoscibilissima – nota acidula ed eleganti aromi fruttati. Nella definizione delle caratteristiche del Glera, poi, ulteriori differenze si notano in base alla zona di coltivazione: le diverse condizioni climatiche e dei terreni regalano infatti ai vitigni a maggior altitudine note floreali e fruttate; nella media collina i sentori sono agrumati e richiamano la mela verde; il floreale e il fruttato fresco denota invece quelli della pianura.

Dopo la vendemmia ha inizio il processo produttivo del Prosecco DOC attraverso la fermentazione in autoclave con il Metodo Martinotti-Charmat.

La rifermentazione in autoclave è infatti capace di esaltare le caratteristiche delle uve, in particolare i sentori floreali e fruttati. La varietà semi-aromatica Glera, grazie ad un periodo di spumantizzazione (ossia di fermentazione alcolica in ambiente chiuso, dove l’anidride carbonica che si sviluppa da questo processo, essendo “rinchiusa”, viene assimilata naturalmente nel vino) lungo 30 giorni per il Prosecco DOC e 60 giorni per il Prosecco DOC Rosé, vede così amplificati nel calice i suoi tipici e delicati profumi di glicine, gelsomino,  pera, mela verde e agrumi.

Lo Spritz, il Prosecco DOC e il Veneto sono legati da un doppio filo che mai e per nessuna ragione al mondo potrà essere spezzato. L’uno vive in funzione dell’altro e viceversa, esattamente come avviene in quelle coppie sposate e parecchio rodate, con un figlio bravissimo ed educatissimo che tanto invidiamo. Un terzo di Prosecco DOC Brut o Extra Dry, un terzo di bitter e un terzo di acqua frizzante, ed è subito Spritz (ma pure festa): nasce così uno dei cocktail più apprezzati, conosciuti e bevuti in Italia e nell mondo. Sinonimo di aperitivo – e non solo –, questo cocktail è  protagonista fin dalla metà dell’800 dei brindisi sotto il dominio austro-ungarico.

Si racconta che la ricetta originale sia nata per caso, quando gli austriaci per allungare il vino – al fine di renderlo meno alcolico – iniziarono ad aggiungervi l’acqua di selz, ossia un’acqua particolarmente gassata che veniva letteralmente spruzzata per annacquarlo: da qui il nome tedesco spritzen che significa, appunto, “spruzzare”.

Col passare dei secoli, il presentimento di avere tra le mani un drink dalle grandi potenzialità divenne certezza al punto da dare origine a rivisitazioni più o meno conosciute e più o meno improvvisate. A seconda della regione in cui ci si trova, o addirittura del locale all’interno di una stessa città, ordinare uno Spritz si rivela un’esperienza mai uguale a sé stessa: a Treviso, per esempio, troviamo Prosecco DOC Brut o Extra Dry e Aperol o Campari rosso con una fetta d’arancia o d’oliva; a Venezia si usa il Select o il Cynar. E ancora, a Udine la ricetta prevede Aperol o Campari e una buccia di limone; a Trieste resiste la tradizione austro-ungarica con vino e acqua gassata.

50 sfumature  probabilmente sono pure troppe, però possiamo comunque rimanere in tema: ecco allora 7 varianti di Spritz per 7 fratelli (o per chiunque non voglia lasciarsi sfuggire l’occasione di brindare senza annoiarsi).

Bitter Spritz. La sostituzione del Campari al classico Aperol conferisce a questa versione un retrogusto più amarognolo e persistente. Per il resto, il procedimento e le proporzioni da seguire sono le stesse: in un tumbler o in un calice, versate il Prosecco DOC Brut o Extra Dry, aggiungete il bitter e completate con acqua gassata; decorate infine con una fetta d’arancia e servite con abbondante ghiaccio.

Spritz Select. Da alcuni conosciuto come il vero “Spritz veneziano”, questa variante più che essere una vera e propria rivisitazione se la batte con la ricetta tradizionale: l’unica differenza è l’aggiunta del Select al posto del bitter. (Per i neofiti: trattasi di un liquore agrumato dal colore rosso acceso e dal gusto più dolce, esaltato dalla combinazione di fette di arancio o di limone).

Cynar Spritz. Uno Spritz complesso, quasi da meditazione. Le note aromatiche del bitter al carciofo lo rendono meno sbarazzino del classico cocktail, ma allo stesso tempo meno  agrumato rispetto allo Spritz Select. Il Cynar Spritz rappresenta quindi una piacevole via di mezzo, in cui la componente dolce-amara del carciofo ben si sposa con la freschezza di Prosecco DOC.

Il Pirlo. Come viene chiamato lo Spritz a Brescia, a base di Prosecco DOC, bitter e acqua gassata, ma presentato in uno scenografico bicchiere a palloncino con una fetta d’arancia.

Spritz bianco con limone. La veste triestina dello Spritz. Il colore cristallino vi farà pensare di bere una semplice soda, ma al primo sorso verrete travolti da un’inaspettata sorpresa. Un perfetto mix di Prosecco DOC, soda e succo di limone perfetto per tutti i gusti, anche per chi non ama gradazioni alcoliche eccessive.

Spritz alla messicana. Una versione esotica e diversa dal solito: in un bicchiere da cocktail mescolate sciroppo d’agave, Vermouth, Cointreau, Prosecco DOC Brut o Extra Dry, e ovviamente accompagnate il tutto con tacos e guacamole.

Spritz Hugo. Nato in Alto Adige, dalle mani sapienti del bartender Roland Gruber. Prosecco DOC Brut o Extra Dry, due foglie di menta, un goccio di soda, un filo di sciroppo di sambuco. La marcia in più? Un goccetto di succo di lime o limone che rende l’Hugo meno dolce e “monotematico”.

Cosa significa perlage e perché è una caratteristica importante nel Prosecco Doc

Perlage è un termine enologico usato per descrivere le bollicine all’interno di un calice di spumante che, salendo in superficie in sottili percorsi, ricordano proprio delle collane di perle. Per gli intenditori, il perlage è un indicatore della qualità di un Prosecco (o di un vino spumante) importante quanto il suo gusto.

Queste numerose “collane di perle” sono il risultato della seconda fermentazione del vino che avviene in autoclave: in questa fase, infatti, l’attività di zuccheri e lieviti porta alla produzione di alcol etilico e Co2, che non fuoriuscendo dalla cisterna, rimane intrappolata nel vino in forma liquida. La CO2 sarà presente anche dopo l’imbottigliamento, grazie all’alta pressione all’interno delle bottiglie di vetro.

Quando la bottiglia viene aperta e il vino versato, lo spumante si trova improvvisamente alla normale pressione atmosferica, liberando tutta la Co2 sotto forma di bollicine. Delle bollicine sottili in un Prosecco sono testimoni dell’età: la Co2 viene intrappolata sottopressione allo stato liquido, una volta liberata, non essendo più schiacciata dalla pressione, torna allo stato gassoso sotto forma di perlage.

Se un prosecco ha delle bollicine sottili, non è garanzia di un’elevata qualità del prodotto, ma ne testimonia in modo attendibile solo l’età: con il passare degli anni il vino frizzante perde anidride carbonica tramite il tappo di sughero e le bolle perdono intensità e dimensione.

Un altro fattore cruciale nel comportamento delle bolle è la temperatura. Questa non influisce molto sulle dimensioni delle bolle, ma sulla viscosità dello spumante. A temperature leggermente più calde, il vino è meno viscoso, più sottile, ed è quindi maggiore la velocità con la quale le bollicine – e dunque le particelle di anidride carbonica – lasciano il bicchiere, facendone esaurire l’effervescenza molto più velocemente.

In generale, i bevitori di Prosecco – e di spumante – preferiscono di gran lunga le bolle che salgono lentamente, visivamente più attraenti, e viene preferito un vino freddo. Ma se il vino è troppo freddo, gli aromi sono meno percepiti dal bevitore. Dunque non esiste una temperatura di servizio perfetta, è una questione di compromesso, anche se viene consigliato di servire Prosecco DOC tra i 6°C e gli 8°C.

Gérard Liger-Belair, professore associato di Fisica all’Università di Reims Champagne-Ardenne, in un interessante esperimento, ha studiato il comportamento del perlage in un bicchiere di spumante. Ha ripulito dei bicchieri da vino con un acido molto potente, per rimuovere eventuali particelle di polvere o fibre. Quindi li ha riempiti di Champagne. Sorprendentemente, il fisico ha scoperto che in un bicchiere così perfettamente pulito non appaiono bolle, e il vino appare fermo. L’anidride carbonica disciolta, in questo caso, attua la sua fuga come al solito, ma impercettibilmente, risalendo dalla superficie del vino senza effervescenza.

Questo avviene perché una bolla, per formarsi, ha bisogno di un luogo di nascita, una sacca d’aria che l’aiuti a emergere dal liquido. Di solito questi luoghi di origine delle bollicine sono fibre di cellulosa invisibili, rilasciate da un panno o dall’aria sulla superficie interna del vetro. Ovunque ci sia una fibra, una minuscola bolla di gas si forma nel liquido e poi sale attraverso il vino, crescendo di dimensioni man mano che raccoglie più anidride carbonica, fino a quando non scoppia in superficie. Una di queste particelle di fibra può produrre decine di migliaia di bolle.

Dunque in un bicchiere, lavato e perfettamente asciugato in lavastoviglie, lo spumante mostrerà meno bollicine. Per questo i bicchieri da spumante vengono strofinati con un panno asciutto appena prima di servirli e alcuni produttori di bicchieri da spumante, addirittura, applicano con il laser una zigrinatura speciale all’interno del bicchiere.

Le bolle contribuiscono anche a enfatizzare il gusto e il bouquet degli spumanti. Grazie al loro movimento continuo, creano nel vino delle correnti che aiutano a far circolare il liquido nel bicchiere. Poi, quando salgono in superficie e scoppiano, rilasciano nell’aria sopra il bicchiere minuscole particelle di vino, accentuando moltissimo l’aroma.

Un viaggio unico tra le pizzerie e i ristoranti premiati da 50 Top Pizza e 50 Top Italy alla scoperta delle prelibatezze italiane più amate in ogni angolo del mondo.

Dagli Stati Uniti al Giappone, 16 pizzaioli, chef e manager hanno raccontato la loro esperienza proponendo un abbinamento alla bollicina bandiera del Made in Italy, il Prosecco DOC.

E tu, sei pronto a partire?

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Negli ultimi anni il Prosecco DOC ha costruito i connotati della sua storia e identità di marca basandoli su alcuni legami unici con il territorio e le sue tradizioni e trovando la giusta espressione delle attività di comunicazione nei settori dell’enogastronomia, dell’arte, della cultura, della storia, del cinema, del design e dello sport.

Era il 2016 e Prosecco DOC rendeva omaggio per la prima volta al territorio creando una etichetta speciale dedicata all’Adunata degli alpini di Treviso: tradizione, paesaggi, uomini e donne che meritavano di essere celebrati in maniera unica.

Tre anni dopo, per celebrare il decennale della fondazione del Consorzio del Prosecco DOC, vedeva la luce un’etichetta e un francobollo celebrativo dell’evento, presentato a Roma, presso il Palazzo storico della prima Zecca dell’Italia unita proprio a novembre 2019. Si tratta di una carta-valore postale, stampata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. (tiratura: un milione di esemplari), che raffigura delle vigne con le Alpi sullo sfondo, un tipico paesaggio italiano del nord est evocativo, in particolare, del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, dove si produce il Prosecco DOC; in alto a sinistra è inoltre riprodotto il logo del decimo anniversario del Consorzio di tutela della Denominazione di Origine Controllata Prosecco.

Negli ultimi anni si sono suggellati ulteriori rapporti: il 50esimo di Barcolana (ottobre 2018), la regata velica più grande del mondo, la celebrazione delle opere degli artisti che si sono distinti alla Triennale di Milano, la qualifica di vino d’onore presso l’Ermitage di San Pietroburgo per citarne alcuni.

L’obiettivo sempre uno: celebrare e supportare l’Italian Genio e la convivialità che portano con sé le iniziative in ambito culturale e sportivo dietro ogni partnership. Anche in questo 2021  le bottiglie di Prosecco DOC si sono vestite di etichette sartoriali portabandiera di diversi valori: l’aggregazione dello sci, l’eleganza della storia, la cultura del design, il dinamismo del MotoGP™, la tenacia delle Pantere della Prosecco DOC Imoco Volley e la forza dei Leoni del Benetton Rugby.

Lo scorso inverno, la bottiglia per i Mondiali di Sci Alpino Cortina 2021 ha indossato la maglia azzurra della Nazionale per sottolineare il supporto a un tema tanto amato dal Consorzio come quello dello sport: l’aggregazione di culture e identità, lo spirito di squadra e il rispetto sono valori ben radicati nel mondo Prosecco DOC. Inoltre il candore e l’eleganza di Cortina saranno lo sfondo dei Giochi Olimpici Invernali 2026 con l’obiettivo di adattarsi al territorio e non viceversa: gli impianti che verranno utilizzati sono già esistenti e le strutture nuove saranno eredità per le future generazioni. La salvaguardia del territorio e la sostenibilità sono valori per cui vale la pena brindare con un calice di Prosecco DOC.

Dal candore della montagna allo stile indiscusso di una delle città italiane più amate, Venezia, che nel 2021 ha festeggiato 1600 anni portati con eleganza e stile. Un brindisi al capoluogo veneto che celebra un traguardo importante dalla sua fondazione, il 25 marzo 421. Per rendere omaggio a questa collaudata partnership,  il Consorzio Prosecco DOC le ha dedicato una etichetta dalla sinuosa eleganza che riprende le linee raffinate della città in chiave moderna e internazionale e sarà la bollicina di riferimento per i numerosi eventi programmati fino a marzo 2022: la Regata Storica, la Mostra del Cinema, il Salone Nautico avranno come comune denominatore l’entusiasmo che muove i calici di Prosecco DOC.

Eleganza, equilibro e conoscenza sono le parole che uniscono il Prosecco DOC anche al Museo del Design di Milano. Prosecco DOC ha già rivestito il ruolo di mecenate per nomi come la Triennale di Milano, l’Ermitage di San Pietroburgo, il Teatro Stabile del Veneto e dal 2021 ha deciso di sostenere il nuovo ADI Design Museum di Milano come luogo di racconto e valorizzazione del Made in Italy con un respiro internazionale e un senso della cultura in continuo rinnovamento.

Nell’ambito del motociclismo, Prosecco DOC ha aggiunto le sue inconfondibili bollicine ai FIM AWARDS 2020-2021, la cerimonia di premiazione che celebra ogni anno i campioni del mondo FIM e che nel 2021 ha trovato la sua edizione più grande di sempre. Prosecco è stata protagonista della Cerimonia e del Closing Party, ospitata dal Principato di Monaco, con una speciale etichetta esclusiva realizzata appositamente per l’occasione.

Infine, ma solo in termini temporali, quale accompagnamento migliore per uno spettacolo di teatro musicale se non il vino spumante più amato al mondo?

La risposta non può che essere Prosecco DOC, che inaugura a gennaio 2022 la sua più recente collaborazione in qualità di Official Sparkling Wine di CASANOVA OPERA POP, il nuovo kolossal scritto da Red Canzian, già sold out nelle sue prime date e in tour nei maggiori teatri italiani fino al 13 Marzo 2022. Creato in questi due lunghi anni in cui Canzian, non per sua volontà, è rimasto lontano dalle scene, Casanova è il primo musical inedito a debuttare dopo la riapertura dei teatri. Anche per questa partnership, il Consorzio ha realizzato una bottiglia dedicata allo spettacolo con un’etichetta che raffigura l’artwork originale ad opera di Milo Manara.

Aggregazione, eleganza, cultura, impegno, territorio.

Tutti valori che uniscono, anno dopo anno, le nuove etichette in uno splendido album di ricordi; non semplice gusto estetico ma vera e propria bandiera che Prosecco DOC porta avanti con orgoglio, in prima fila, per raccontare le basi su cui si fonda il Consorzio e le partnership sempre più numerose.

Un impegno sempre concreto ma leggero come il perlage che contraddistingue ogni bottiglia. Per fare delle terre dell’Italian Genio il punto di riferimento di tali valori.

La prima volta che lo vedi riempire il tulip, sobbalzi di stupore. È una meraviglia inaspettata, che devia dal binarismo enologico classico bianco/rosso e regala nuovi toni colore anche alle tradizionali bollicine di festeggiamento. Una sfumatura di rosa piena di riflessi dorati e caldi, esaltati dal perlage lieve che risale il bicchiere, incanta anche il più tradizionalista (o scettico) dei bevitori. Serico agli occhi, voluttuosamente fresco in boccabenvenuto Prosecco DOC Rosé, la variante colore (e sapore) che amplia la gamma del vino spumante più famoso e iconico al mondo. Nuova, o per meglio dire rinnovata nel corso degli anni da un’attenzione sempre maggiore, sia da parte del mercato sia dei produttori stessi, che hanno ragionato bolla dopo bolla su come potenziare un prodotto già pregevole di suo. Ogni goccia, ogni bicchiere svelto da servire, ogni bottiglia cui vengono tolti con delicatezza il contrassegno e la capsula, racchiude in sé la assoluta certezza di bere un unicum perfetto, dal gusto pulito e al tempo stesso profondo. In ogni sorso di Prosecco DOC Rosé si percepisce il viaggio in Italia che la filiera di produzione, dalle zolle soffici del Veneto e Friuli Venezia Giulia, si incarica di compiere e far compiere, in un’onda profumata che raggiunge fino all’ultimo tavolino, bancone, granello di sabbia dall’altra parte della penisola.

Ma il giusto riconoscimento, come in ogni necessità o desiderio di valorizzazione che si rispetti, richiede un salto all’indietro per conoscere, dipanare, ricostruire i dettagli che hanno portato fino a lì. Si chiama storia, e il Prosecco Rosé ne ha più di quanta si pensasse. Alla faccia di chi lo derubrica a moda degli ultimi anni, o peggio ancora a variante gradita solo agli stranieri, rimpicciolendone colpevolmente l’importanza storico-enologica. Parzialmente è vero, i vini rosati sono particolarmente apprezzati sul mercato estero, meno su quello italiano (che pure è in lieve crescita), da cui la scelta internazionale di denominare il Prosecco “Rosé”. Ma escluderli a priori produrrebbe un falso storico. È proprio la storia infatti, quella custodita negli archivi e innervata di racconti locali e dati, a ricostruire com’è cominciata l’avventura dello spumante rosato. Alcune fonti hanno evidenziato come la storia inizi addirittura circa 130 anni fa, nel 1880, con i primi timidi blend di uve a bacca bianca e nera, che venivano fatti fermentare con le tecniche artigianali dell’epoca. È stato poi a cavallo del secondo e terzo millennio, tra gli anni Novanta del Novecento e i primi Duemila, che si è riscoperta la tradizione di vinificare uve Glera e Pinot Nero col metodo Martinotti (che è quello con cui si produce il Prosecco DOC) in proporzioni personalizzate, spesso creative e totalmente a libera interpretazione. Il primo mattone della realizzazione e costruzione della storia personale del Prosecco Rosé. Un disciplinare millimetrico come quello del Prosecco DOC mette in campo analisi chimiche, analisi organolettico-sensoriali, tempi di maturazione delle uve e di vendemmia, durata delle fermentazioni e via lungo il processo dell’intera produzione, parametri e precisi punti imprescindibili.

A molti sembrano solo freddi numeri da rispettare, la burocrazia del disciplinare è letta spesso come gioco all’estro creativo dei produttori, ma in realtà è l’unica garanzia di eccellenza che copre tutta la filiera dal primo passo, dalla zolla di terreno fino al sorso nel bicchiere. La prima volontà di accludere la tipologia Rosé nella tutela del Consorzio è iniziata nel 2009, ma non c’erano ancora movimento e attenzione alla spumantizzazione del connubio Glera&Pinot Nero (vinificato in rosso). Di fronte alle richieste sempre maggiori del mercato, in crescita proporzionale, fissarne i punti chiave è diventata un’urgenza: a settembre 2017 sono iniziate le prime sperimentazioni, e il disciplinare aggiornato è entrato in vigore ufficialmente  l’11 agosto 2020. Le uve del Pinot Nero maturano tra la metà e la fine di agosto, le uve Glera circa due settimane dopo.

È una staffetta di attese, durante la quale le uve di Pinot Nero vengono messe a contatto con le bucce per 5/10 giorni, a seconda della sfumatura di colore che il produttore vuole regalare al proprio Prosecco Rosé. Nel frattempo procede a vendemmiare le uve Glera, si liberano quelle di Pinot Nero dalle bucce e si procede al blend, rispettando la proporzione del disciplinare (85-90% Glera, 10-15% Pinot Nero) e quattro tipologie di “zuccherinità”, che vanno dal Brut Nature all’Extra Brut, fino al Brut e all’Extra Dry. La spumantizzazione dura almeno 60 giorni, il doppio rispetto al Prosecco DOC, per conferire una maggiore stabilità e complessità, sia olfattiva sia gustativa, con note avvolgenti e piacevoli. Da lì, è gusto e abbinamento personale. Ma c’è un immaginario insostituibile che precede, e abbraccia, la scelta del Prosecco DOC Rosé: la freschezza, la vivacità di un momento di fuga dal quotidiano, l’idea lieve del rosa primaverile anche in pieno autunno. I sentori di fiore di acacia, di violetta e glicine, e la pienezza dei frutti rossi con un tocco di mela verde e agrumi, sono esaltati da un’effervescenza che è un invito alla vita. A brindare, dolcemente, al proprio qualcosa da festeggiare.

 

 

Se volessimo mettere tutti i puntini sulle i, ultimamente manco il Natale è stato “con i tuoi”, ma sottilizzare non serve a nulla. Resta il fatto che la Pasqua, rispetto alle festività dicembrine, è da sempre più libera, meno tradizionalista e indipendente. Tradotto: nessun menu fisso – colomba a parte – e l’opportunità di brindare e pasteggiare con le bottiglie che più si amano, Prosecco DOC (ovviamente) incluso. Più che un “con chi vuoi”, forse sarebbe più corretto dire “come vuoi”: dopo l’anno che abbiamo vissuto – e che stiamo tuttora vivendo – abbiamo imparato che essere schiavi di obblighi e convenzioni rappresenta un peso che non vogliamo più sostenere.

Quindi, perché non strutturare un menu a prova di Prosecco DOC per esaltare al massimo il suo profumo floreale e fruttato, nonché il suo sapore fresco, leggero e brioso? Partiamo da un assunto di base: il Prosecco DOC è sinonimo d’aperitivo, di cui è una specie di re, ma si presta benissimo – in particolare nella sua versione Brut, più secca e in linea con un gusto maggiormente internazionale – a un consumo a tutto pasto.

Le bollicine sono da sempre un giusto accompagnamento per le crudités di mare in generale: con le ostriche, con i fasolari, i tartufi o semplicemente con scampi e gamberi di Mazara del Vallo: il Prosecco DOC, con il suo gusto affilato ma al tempo stesso delicato bilancia la sapidità di tali ingredienti, esaltandone i sapori.

Ma non solo: foglie di salvia fritte; tartine o bignè farciti con salmone o storione affumicato; caviale e paté; gamberi in salsa cocktail; formaggi quali scamorza, provola, ricotta o caciocavallo affumicati, gorgonzola dolci o pecorini di media stagionatura sono perfetti insieme al Prosecco DOC, così come le torte salate a base di asparagi, radicchio trevigiano, cipolle o carote. Il sodalizio con ricette a base di ortaggi verdi come zucchine, coste, o spinaci risulta vincente, specialmente se questi ultimi sono abbinati a ricotta, vedi alla voce erbazzone o torta pasqualina. Delicato ed elegante, il Prosecco DOC è ottimo persino con soufflé di zucca o di cavolfiore, così come con sformati di patate o tartiflette.

E gli amanti di carne e salumi? Nemmeno loro sono destinati a rimanere a bocca asciutta: potrebbe apparire un controsenso – essendo portati a pensare immediatamente a un rosso quando si parla di determinati cibi – eppure un Prosecco DOC Brut s’abbina deliziosamente a mortadella o prosciutto cotto (meno al salame o al prosciutto crudo, troppo speziati, che richiedono un appoggio diverso).

Via libera pure a primi con frutti di mare o con delicati sughi di carne; minestre di verdure e a secondi che prevedono pesce al forno (orate o spigole) o carni bianche, in particolare modo pollame. Se siete tra coloro che, con un occhio alla linea, non amano i pasti dalle molte portate ma preferiscono dei piatti unici o delle belle insalatone, il Prosecco DOC, stavolta nella sua versione Extra Dry, è la scelta giusta per rendere interessanti piatti apparentemente più anonimi. Qualche esempio? Una caprese con mozzarella, pomodoro e basilico; un’insalata di riso dagli ingredienti estivi; una Nizzarda con tonno fresco e acciughe del Cantabrico, un’insalata di frutta esotica come mango e avocado, con contorno di noci.

Giunti alla fine, al tanto agognato dessert, meglio optare per un Prosecco DOC Dry, che col suo profumo delicato e fruttato – con sentori di agrumi, pesca bianca e mela verde –; col suo gusto sapido, fresco e morbido, nonché col suo grado zuccherino più alto, servito molto freddo si adatta agli abbinamenti con dolci a pasta secca o lievitata (leggi: la colomba di cui sopra). Guai a commettere uno degli errori più diffusi: non si accostano mai le bollicine di uno spumante secco al dolce; in questo caso le regole degli abbinamenti seguono il principio della concordanza, ovvero dolce con dolce. Il che, a ben vedere vi permetterà pure di coprire tutte e tre le tipologie di spumante in un unico pranzo: per essere una Pasqua in zona arancione o rossa, che ci ricorderemo vita natural durante, poteva andare decisamente peggio.

Il modo migliore di rinfrescarsi durante i lunghi mesi caldi: avere a portata di mano un cocktail a base di liquore di sambuco e Prosecco DOC.
Diventerai il bartender più richiesto per barbecue e feste in famiglia!

Vogliamo raccontarvi di questo cocktail perché c’è poco al mondo di più semplice da eseguire, per fare uno Hugo in casa ti servono queste poche cose facilissime da trovare: un cordiale o liquore al sambuco (come può esserlo il St.Germain), un buon Prosecco DOC e un goccio di seltzer, quando vorrai sdraiarti al caldo sotto un salice piangente vista lago,  in un parco al sole, o al mare con le persone che ami, questi tre ingredienti saranno le sole cose che vorrei nelle tue mani, in un bel bicchiere ghiacciato chiaramente.  Ti chiederai come mai non ne avevi provato uno prima, la tua vita sarebbe probabilmente stata diversa, i toni rotondi e dolci del sambuco si intrecciano perfettamente con la pulizia e leggera acidità del Prosecco DOC.

Ti starai chiedendo perché lo abbiamo tenuto segreto tanto a lungo?
Vi promettiamo che non lo abbiamo tenuto segreto, il vero “problema” in questa storia è che il lungimirante padre dello Hugo Roland Gruber, dal palato e mente che adoriamo, lo ha ideato nel 2005. La scoperta è avvenuta a Naturno, nel Sud Tirolo, in mezzo alle bellissime Dolomiti dove Mr. Gruber ha creato un modern classic cosi ancorato nei nostri cuori e le nostre cocktail list, da ricordare moltissimo l’ascesa nell’olimpo dei nuovi classici del famosissimo Penicillin, creato dal bartender Sam Ross nel bar newyorkese Milk & Honey, anche lui nel 2005.
Che anno strepitoso per i cocktail fu il 2005!

Mr. Gruber ci ha regalato qualcosa che non sapevamo ci mancasse, e non c’è ombra di dubbio sul perché abbia tuttora un successo tale a livello mondiale.

Qual’è il motivo del suo successo?
Il Prosecco DOC chiaramente.

Il vino frizzante italiano che viene sempre di più amato all’estero, nonché uno dei capostipiti della scena dell’aperitivo all’Italiana, e le note vivaci,  botaniche e fruttate del sambuco, danno al drink una pienezza e briosità incredibile.

Parliamo un po di storia ora:
Immaginatevi a prendere il sole nella valle delle Dolomiti, è meta maggio e fa caldo, ma non è un caldo asfissiante; I giorni si fanno sempre più lunghi e quasi vedi l’estate che ti spia da dietro quell’albero. È a questo punto che tutti i forager del mondo cominciano ad urlare all’unisono alla proprie famiglie ed amici “correte a raccogliere i fiori di sambuco prima che scompaiano”.
La tradizione, la storia, e i forager vogliono che si raccolgano ed utilizzino i fiori di sambuco solo verso metà mattina (da alberi più lontani possibili dai fumi della città e delle macchine), quando i bellissimi fiorellini bianchi cominciano a loro volta il processo di farsi una bella tintarella e si aprono al sole, raccogliendone ed incanalandone tutte le cose buone che quest’ultimo porta. A questo punto della loro giornata i fiorellini non hanno ancora assorbito troppo calore, ed è per questo che non si dovrebbero raccogliere verso fine giornata… Il sambuco è bello e buono quanto la sua fioritura effimera. Infatti sfortunatamente l’albero è in fiore solo da fine maggio a giugno.

Ci piacerebbe tanto aiutarvi a far diventare questa fantasia una realtà, semplicemente dandovi la nostra ricetta preferita di un cordiale al sambuco, vi serviranno solo acqua, limone, zucchero e i superbi fiorellini (un bel sacchetto), pre ricreare questa gustosa bevanda.
Lo sciroppo, cordiale o liquore di sambuco è uno di quei nettari incredibili che ti renderanno totalmente dipendete  grazie al sapore unico.
Lo zucchero serve a creare lo sciroppo e preservare il tutto un po’ più a lungo, ma per renderlo non solo ancora più conservabile ma anche molto più buono da bere, il tutto viene “tagliato” con del limone fresco, la sua asprezza bilancia benissimo il tutto. Un vero sapore d’estate.
(Link per la ricetta alla fine dell’articolo, continua a scorrere!)

Un altro aspetto fantastico di questo drink è il suo basso contenuto alcolico, e la freschezza e leggera acidità del Prosecco Doc che lo rendono un successo assoluto nel mondo degli aperitivi (e nel mondo del dopo cena, dopo pranzo, in qualsiasi momento!). Infatti dopo decadi lo Hugo si è ritagliato un posto nelle nostre vite, nei nostri cuori, ed è cosi che si crea un modern classic, in questo caso prendendo spunto da un vero classico della tradizione quale lo spritz.

Proprio come lo straordinariamente famoso Aperol o Campari Spriz, lo Hugo ingloba tutti i preferiti della tradizione italiani: la dolcezza, acidità e un leggero tocco di amaro, a naso invece la botanica del fiore e il bouquet freschissimo dato dalla menta usata come “decorazione”.

Parlando di tradizione, in cosa sono diversi uno Spritz e uno Hugo?

“Leggenda” vuole che la parola spritz derivi dal tedesco “spritzen”. Nel diciannovesimo secolo, quando il Veneto era in mano agli Asburgo, i commercianti, diplomatici o semplici “turisti” di lingua tedesca, che venivano a passare un pò di tempo nel bellissimo territorio non erano abituati alla “potenza” dei nostri vini, era loro consuetudine tagliarli con un pò di seltzer.
“Per cortesia bartender, uno spruzzo d’acqua in questo vino!”

Come potete immaginare lo spumante in quell’area geografica era già incredibilmente famoso ed amato, i primi spritz non erano altro che Glera frizzante ed acqua, e col passar del tempo questa ricetta divenne sempre più amata in Veneto, cosi tanto che i bartender dell’epoca cominciarono a giocare con l’idea di spritz e a crearne i loro, miscelando altri elementi al vino e l’acqua. Divenne il drink più servito dell’inizio del novecento in italia, bevuto dall’alta società austriaca e tedesca durante le loro feste e cene private, e da tutti gli italiani in piazza. Era un aperitivo già allora incredibilmente democratico.

Negli anni 50 questa tendenza ad avere ognuno il proprio stile di spritz si è fermata, quando all’unisono, il popolo, i clienti, i bartender, i vignaioli hanno decretato che lo spritz come lo beviamo tutt’ora sarebbe stato miscelato usando l’aperitivo creato nel 1919 a Padova dai fratelli Barbieri, l’Aperol, un liquore a base di genziana, rabarbaro ecc ecc.. che ricordava molto il Campari, ma con un minor tasso alcolico.

Lo Hugo venne creato come variazione allo spritz Aperol e Campari. Ci piace pensare che il Sig. Gruber sia stato inspirato dalla intossicante magnificenza che è il profumo degli alberi di sambuco nella sua zona delle Dolomiti.
L’amaro del Aperol viene rimpiazzato da uno jigger di cordiale al Sambuco, il quale sapore viene incrementato da lime e menta, rendendo il drink più leggero e fresco.

Come farsi uno Hugo a casa :

È incredibilmente semplice da realizzare e lascerà tutti senza fiato. Tornerà ad essere un must quando potremmo riabbracciarci e ricominciare a stare tutti assieme.
Gli ingredienti che ci serviranno sono:

– Cordiale o liquore al Sambuco (St. Germain si trova in buoni supermercati)
– La vostra etichetta preferita di Prosecco DOC
– una spruzzata d’acqua
– un quarto di lime
– un po’ di menta per guarnire, ma potete sbizzarrirvi con quello che avete a casa, nel frigo…
– un bicchiere da vino capiente pieno di ghiaccio (pieno perché più ghiaccio c’è meno in fretta si scioglie, cosi da non rendere acquoso il drink)

Un paio di semplici step che sono noti a tutto il Veneto e Friuli Venezia Giulia, che adesso renderete anche vostri:

Potete provarlo anche con un Prosecco DOC Rosé cosi da ricordare ai propri amici e famiglia il colore tipico dello spritz.

Per la ricetta del cordiale che vi avevamo promesso prima, seguite le linee guida di  river cottage non ve ne pentirete!

Bevete responsabilmente.

Prendete la vita con leggerezza, che la leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose d’alto
Italo Calvino

L I G H T N E S S  T H A T   I N S P I R E S

La nostra storia vede come protagonisti due giovani. Lei, italo asiatica, è una giovane donna in carriera che compie un viaggio in Italia. Lui, cameriere, ama lo sport più amato al mondo e l’arte.

Ci troviamo nella provincia di Treviso al Ristorante La Ghiacciaia, un luogo di design tra i più belli al mondo.

Alida è così assorta nella sua frenetica attività da non cogliere l’invito gentile di un calice di Prosecco DOC del nostro cameriere Joe. Lui non si arrende e riesce con modi eleganti a proporre ad Alida un calice di Prosecco DOC.

Tra una telefonata e l’altra, Alida decide di lasciarsi andare a una pausa.

Non conosce il mondo che si cela dietro un calice di Prosecco finché non avvicina il naso al calice: in quell’istante un bouquet di note floreali di rosa e fiori di acacia la inebria trasportandola d’emblée in una circolarità in cui la natura è arte e l’arte è la cosa più naturale del mondo.

E’ un viaggio nei luoghi del Genio italiano.
Il Genius loci è Antonio Canova, neoclassico e trevigiano doc.
La vediamo all’interno della Gipsoteca tra le statue neoclassiche di gesso del grande genio, tra cui spicca Adone e Venere.

E’ un viaggio che lei può compiere solo con Joe in compagnia del Prosecco DOC e del Prosecco DOC Rosé.

In una sequenza ritmata e sospesa vediamo sfilare davanti ai nostri occhi, oltre alla Gipsoteca del Canova, Trieste con la sua Piazza Unità d’Italia e il molo audace, il Castello di Miramare, Venezia, il suo Canal Grande e il settecentesco Teatro Goldoni, Prato della Valle e Sant’Antonio a Padova, il Parco naturale della foce dell’Isonzo nel goriziano, la basilica di Aquileia, la leggerezza dei dipinti di Giambattista Tiepolo a Vicenza, la palladiana Villa Emo, la sorgente del Livenza a Gorgazzo, le Dolomiti bellunesi, il Tempio del Canova a Possagno.

Al cortocircuito si aggiungono una vigna semibellussi e un vigneto circolare.

E’ un viaggio d’amore.

La leggerezza dell’arte neoclassica è armonia, leggerezza, grazia.
La vela che vediamo nel mare azzurro sospinta dalla brezza è diretta verso estremo Oriente
Come il veneziano Marco Polo vuole esplorare nuove terre.

La nostra donna, all’inizio dura, ora ha ritrovato la leggerezza, quella che ci eleva sopra la gravità e il peso dell’esistenza.

Bollicine luminose salgono formando mondi, il mondo del Prosecco è giallo paglierino e rosa antico ma le sue sfumature cangianti sono imprendibili.

E’ un mondo in movimento.

La vela, libera, continua il suo viaggio.
La realtà dopo il sogno torna sempre.

Ma stavolta consapevole che basterà un calice di Prosecco a farci sognare ancora.

LIGHTNESS THAT INSPIRES – un film di Carlo Guttadauro
con Giovanni Luzi e Alida Gazzotti

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I premi vinti da Lightness That Inspires:

Menzioni d’onore:

Finalisti:

Semi finalisti:

Quarti di finale:

Selezionati: