A Singapore viene riconosciuta l’Indicazione Geografica
Un grande successo per la tutela internazionale della Doc Prosecco che ora può vantare, fra le molte protezioni, anche quella a Singapore.
La vicenda ha inizio nel 2019 quando il Consorzio ha deciso di proteggere la Doc Prosecco in questo Paese alla luce dell’introduzione della nuova normativa che consente la registrazione delle Indicazioni Geografiche (IG).
La domanda del Consorzio per la registrazione della Doc Prosecco, dopo essere stata accolta dall’Ufficio per la Proprietà Intellettuale di Singapore (IPOS), ha subito l’opposizione di Australian Grape and Wine Inc. (AGWI), organizzazione che rappresenta i produttori di vino australiani.
L’opposizione è stata rigettata e AGWI ha proposto quindi appello, ottenendo una decisione favorevole, a sua volta impugnata dal Consorzio avanti la Court of Appeal di Singapore, massimo grado di giudizio in questo Paese.
La Court of Appeal ha emesso oggi la decisione finale che è favorevole al Consorzio.
Questo pronunciamento sancisce in maniera incontrovertibile che Prosecco è una IG italiana protetta anche a Singapore, raggiungendo in questo modo una tappa cruciale nella tutela internazionale della nostra denominazione anche nei confronti dei produttori australiani. Ancora una volta, come già accaduto in Cina, AGWI vede fallire i propri tentativi di ostacolare la protezione della Doc Prosecco.
Questa decisione assume un valore ancor più significativo per tutto il sistema delle IG se si considera che è la prima volta che la Court of Appeal di Singapore decide in materia di protezione di Indicazioni Geografiche.
A questo importante traguardo hanno collaborato con grande supporto anche la Commissione Europea, la rappresentanza della Commissione Europea a Singapore e l’Ambasciata Italiana a Singapore.
“Non posso che esprimere, a nome del nostro sistema produttivo, tutta la nostra soddisfazione – commenta il Presidente, Stefano Zanette – per il risultato raggiunto. Un risultato che premia il lavoro pluriennale che il nostro Consorzio porta avanti a livello comunitario, nazionale e internazionale. Un’attività per la quale mi sento in dovere di ringraziare la nostra squadra e i legali dello studio Bird&Bird che ci hanno assisto sia dall’Italia che a Singapore”.
“Un risultato che, dopo l’udienza dello scorso agosto, aspettavamo con ansia – commenta il direttore, Luca Giavi – nella consapevolezza che la controparte non era stata in grado di apportare alcun elemento oggettivo a supporto della propria tesi, ovvero che il riconoscimento della nostra Denominazione avrebbe potuto confondere il consumatore di Singapore”.
“L’estensione della protezione della Denominazione a livello internazionale non si fermerà di certo qui – commenta Alessandra Zuccato, responsabile dell’ufficio legale del Consorzio – dopo aver coperto i principali mercati, abbiamo già pianificato nuove registrazioni in paesi emergenti, particolarmente rilevanti dal punto di vista turistico, e nelle nazioni in cui la normativa sulle IG è di recente introduzione”.
L’ispirazione è l’istante in cui la bellezza si manifesta improvvisa e accende il nostro entusiasmo.
Essere ispirati significa proiettare il nostro respiro in alto, inspiratio onis; significa trascenderci e anelare verso il respiro divino, per coglierlo e portarlo sulla terra.
Nel suo progetto INSPIRED BY THE CLASSIC, MOVED BY THE FUTURE il Prosecco vuole comunicare che il classico è ciò da cui trae ispirazione, ma è il futuro ciò che ne guida l’azione.
Così, Villa Contarini, reggia del Veneto barocco, a Piazzola sul Brenta, diventa per il regista Carlo Guttadauro un labirinto scenografico ideale. Tra ambienti e dettagli preziosi e luci metafisiche, la fotografia di Anam Cara, seguita con dedizione dall’occhio attento di Thomas Guttadauro vuole esplorare il movimento estetico e graziato della danza di Virna Toppi, prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano. I suoi gesti armonici, le movenze del suo corpo intraprendono una danza nella Sala degli Specchi. Il classico che ispira è già lì nel suo modo di offrirsi, sinuoso e sensuoso, con le sue curve e le sue pieghe e quell’energia che da Virna promana come una variazione armonica d’andatura, come un intreccio che si tiene insieme, piegato e ripiegato mentre si spiega restituendoci la bellezza nel suo statuto operativo come grazia in movimento, come armonica sospensione e levità.
Dietro di lei, in una porta incorniciata di stucchi, Davide Garzetti, il traceur, porta con sé un’altra storia, non classica, ma che del classico si nutre: immobile, osserva la danza. Il traceur traccia percorsi lineari, che dal corpo traggono slanci e tensioni muscolari per compiere giochi performativi.
Guarda il teaser “L’incontro”:
Nel campo che si dispiega tra la danza classica e il parkour, i confini svaniscono e si apre uno spazio inedito e misterioso per la relazione. L’ebbrezza del sogno diventa anticamera dell’ispirazione. L’accostamento tra danza e parkour è inedito e per questo ricco di sfumature e novità. Il viaggio tra la danzatrice e l’atleta tocca Venezia e le fondamenta della Giudecca.
Qui, come per magia, si compie una trasformazione estetica: la ballerina, che dapprima riluce di una luce diafana, si trasforma in un cigno nero.
Tale operazione registica è affidata al designer costumista Salvatore Vignola, che con maestria costruisce un manufatto scultoreo di rara bellezza: un tutù nero ricoperto di paillettes fa sì che la luce si rifranga sul corpo della danzatrice, accompagnandone il movimento. A Cinzia Trifiletti è affidato l’hair make up, dal carattere grintoso e di ispirazione gotica.
Su un ponte di ferro in Giudecca i due si incontrano in una sorta di conciliazione, di accordo segreto. I confini svaniscono, i luoghi che essi frequentano sono flashback, momenti della memoria, ora c’è il presente ed è nuovo: si può finalmente giocare col classico e col contemporaneo, rintracciando in essi la scintilla della modernità che è l’attualità, il luogo in cui passato futuro sono in tensione.
Guarda il teaser “L’ispirazione”:
I due possono finalmente concedersi il lusso di brindare in una terrazza affacciata sul Canalgrande e la location su cui vengono girate le scene del brindisi è il Sina Centurion
Palace. Le bollicine di Prosecco DOC conoscono il potere della lucida ebbrezza che ci fa sognare, donandoci momenti di pura leggerezza.
Prosecco DOC è questo slancio moderno che sa trovare nel passato le sue ragioni e nel futuro le sue sperimentazioni.
Del resto, senza sperimentazioni non sapremmo cosa sia la bellezza.
Prosecco DOC, ispirati dal classico, mossi dal futuro
Guarda il trailer ufficiale:
Che ne dite di compiere un salto verso il futuro situandoci nel prossimo istante fino a sentire che l’energia vitale e l’energia di movimento scorrano in noi trascinandoci in avanti?
Per saltare nel futuro serve un atteggiamento sperimentale, dobbiamo aprire gli occhi, muovere il corpo per situarci in modo nuovo.
Il parkour, o Art du Déplacement (arte dello spostamento) è libertà di movimento al fine di superare con fantasia e tecnica ogni ostacolo si presenti nel suo tracciato, avvalendosi di corsa, arrampicata, oscillazione, volteggio, salto, rotolamento…Il parkour nasce nelle periferie francesi espandendosi in tutto il mondo. I valori che guidano il traceur sono il rispetto dell’ambiente, degli altri e di se stesso ma anche la forza e il coraggio.
In occasione del nuovo video che vuole raccontare il Prosecco DOC e il suo metodo moderno, il regista Carlo Guttadauro insieme a Thomas Guttadauro e ad Anam Cara, filosofia dell’immagine, lavora con un giovane atleta di parkour, Davide Garzetti, studiando inedite interrelazioni tra il movimento del traceur e gli spazi territoriali del Prosecco DOC: una cantina nel trevigiano, vigneti friulani, Venezia, le Dolomiti diventano l’ambiente in cui saltare, rotolare, volteggiare.
Il movimento del parkour e il movimento della camera si installano insieme in un gioco ininterrotto di sguardi che sorvolano le vigne del territorio, scrutano gli acini di Glera, si muovono planando nelle vasche di fermentazione di una moderna cantina. L’inconscio ottico di Anam Cara esplora il movimento interno guardando in modo inedito le bollicine disegnare mondi e dialogare con l’esterno per portare a unità il movimento che li attraversa e sperimentare una festa inedita.
Prosecco DOC è questa festa in movimento che coinvolge un grande territorio di 9 province situate tra il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia, è libertà di viaggiare, saltare nel futuro, comunicando il suo metodo moderno.
Essere moderni è essere attuali, nel qui e ora, in questo spazio tempo.
Jump into the future è un invito al movimento, alla libertà creativa che il genio italiano incarna da sempre.
Jump in the future è un invito a vivere i nostri luoghi quotidiani con vivacità e intelligenza, rileggendo il mondo con occhi nuovi e trovando analogie tra quello che il nostro corpo può fare e un buon calice di Prosecco DOC.
Prosecco DOC, JUMP INTO THE FUTURE.
E’ boom di pink bubbles! La sete per le bollicine rosate italiane mette d’accordo i consumatori di tutto il mondo – dagli Stati Uniti alla Germania e al Regno Unito, fino all’Estremo Oriente – e conferma come la nuova proposta abbia conquistato i palati e i gusti di molti e soprattutto superato ogni aspettativa. Il Prosecco DOC Rosé sta registrando numeri da capogiro nell’ultimo anno e sta letteralmente segnando il trend del mercato dei vini spumanti, che pare non volersi fermare, ma è in costante crescita. Un futuro più rosé-o che mai!
L’eleganza e il profumo floreale sono le caratteristiche che lo rendono così accattivante, ma non solo, inconfondibile è anche il suo perlage fine e persistente, il gusto morbido e rotondo, ben strutturato. Sono queste particolarità a rendere unico il Prosecco DOC Rosé, frutto, oltre alla classica uva a bacca bianca tipica del Prosecco – la Glera –, anche di una percentuale di Pinot Nero, vitigno internazionale particolarmente vocato per la spumantizzazione. Sono quattro le tipologie disponibili del Prosecco DOC Rosè, solo nella versione spumante: brut nature, extra brut, brut ed extra dry. La rifermentazione avviene in autoclave secondo il metodo Charmat e rispetta una durata minima di 60 giorni, dopo di cui avverrà l’imbottigliamento.
Un sodalizio di successo tra i due uvaggi, dunque, che vede la sua prima storica annata nel 2020 con una produzione di oltre sedici milioni di bottiglie. Immesso nel mercato verso la fine di uno degli anni più complessi per il commercio, il Prosecco DOC Rosé ha raggiunto lo scorso anno la quota di produzione di oltre 70 milioni di bottiglie, numeri incredibili per un nuovo prodotto da poco immesso nel mercato.
Un fenomeno inarrestabile che sta trainando tutto il settore dei vini rosati italiani, che in parte, sono ancora alla ricerca di una vera e propria identità.
A tal proposito, la ratio che ha portato alla nascita di questo prodotto, sviluppato e seguito da uno studio condotto dal Consorzio nel 2018, è che risultava ancora molto confusa la percezione del consumatore nei confronti degli spumanti rosati, per questo motivo è nata l’esigenza di fare chiarezza. E’ così che il Consorzio ha deciso di uniformare e regolamentare la produzione, garantendo al consumatore uno Spumante Rosé di qualità e di origine certificata, identificandolo con il territorio di produzione e rendendolo riconoscibile. L’Art. 2 del Disciplinare di produzione della denominazione di origine controllata dei vini “Prosecco” riporta che: “La tipologia spumante rosé prevede la seguente composizione di varietà di viti: Glera minimo 85%, massimo 90%; Pinot nero vinificato in rosso minimo 10%, massimo 15%. Detta composizione permette di ottenere la colorazione ‘rosé’”.
Non solo una moda quindi, ma un vero simbolo lifestyle: qualità ed eleganza, in primis, ma anche divertimento e convivialità sono i pensieri che il consumatore associa al Prosecco Rosé: “Se questo trend continua, possiamo azzardare che presto il Prosecco Rosé costituirà circa il 90% dell’intera produzione di rosati italiani” afferma il Consorzio di tutela che da Treviso gestisce un colosso enologico con oltre 24mila ettari di vigneti, 11mila viticoltori e 1.169 aziende vinificatrici in grado di mettere sul mercato oltre 600 milioni di bottiglie per un giro d’affari che supera i 3 miliardi di euro, realizzati per il 78% all’estero.
Sicuramente la combinazione del trend del Prosecco con il trend del rosé è stata a tutti gli effetti vincente, rendendolo un vino giovane e desiderabile. I più grandi amanti del neonato vino, infatti, sono proprio i millennials, perché si riconoscono in una proposta che li rappresenta ed è adatta ad ogni occasione. Un vero e proprio fenomeno, quello del Prosecco Rosé, che ha attirato le attenzioni di tante star e personaggi famosi, come la cantante pop Kylie Minogue, a tal punto che è stata una delle prime a voler creare il “suo” Prosecco DOC Rosé in collaborazione con la cantina veneta Zonin.
Un interesse nei confronti di questa bollicina rosa che sembra non volersi fermare, dimostrandosi sempre di più tra un pubblico internazionale soprattutto femminile, nel quale si riconosce per le sue peculiarità e caratteristiche. Il lancio del Prosecco Rosé ha rivoluzionato anche il modo di percepire il Prosecco, in positivo. La percezione di maggiore qualità e valore è nettamente cresciuta, posizionando questo vino su una fascia medio alta. Non chiamatela puramente una mossa di marketing però, nonostante abbia rimesso il mondo del Prosecco sotto la lente di ingrandimento dei suoi appassionati e del mondo del vino in generale, dando beneficio all’intera denominazione. Questa nuova e attesa percezione nei confronti del Prosecco ha portato ad una maggiore valorizzazione del territorio trevigiano e del suo grande patrimonio enogastronomico, che è arrivata alle orecchie e ai palati di molti Paesi del mondo in una nuova e attesa declinazione.
Un vero e proprio cambio di paradigma, ha fatto sì che da simbolo lifestyle, il Prosecco oggi sia ricercato e apprezzato non solo per la qualità ma anche come ambasciatore di una tradizione ben radicata e portavoce di un territorio ben definito, in Italia e nel panorama internazionale.
Un viaggio nella nostra adorata bollicina : il Prosecco DOC
Il Prosecco è uno dei vini frizzanti più famosi ed apprezzati a livello mondiale, e non è per niente sorprendente: è perfetto all’aperitivo, si abbina facilmente a moltissimi cibi ed e superbo da bere da solo, in santa pace. Il Prosecco ha avuto una così grande risonanza che lo scorso anno molti produttori ci parlavano di scarsità globale, che paura!
Inutile provare a descrivere che vita triste sarebbe la nostra (e la vostra) senza Prosecco, ma molto utile invece scoprire qualche chicca sulla bollicina che sta piano piano riscrivendo la storia della viticoltura italiana.
Sedetevi e rilassatevi mentre cominciamo questo viaggio nelle terre dello spumante italiano più amato al mondo, e perché no, nel mentre vi consigliamo un calice di Prosecco DOC bello fresco, così da immergervi totalmente in questo racconto.
… era un giorno di sole in Friuli Venezia Giulia
Correva l’anno 500 circa in Friuli Venezia Giulia, e nonostante l’Italia fosse molto diversa da come è oggi, il clima e la biodiversità non sono poi tanto cambiati.
I Romani, che già andavano pazzi per il Pucino (castellum nobile vino Pucinum, che all’epoca non era ancora spumante ma fermo), vino che veniva prodotto nella zona, scrivevano poemi e sonetti su quanto amavano il vino; Emblematico è l’esempio di Plinio il Vecchio; e poi, a quanto pare, il Pucino era il vino preferito dell’Imperatrice Livia (moglie di Augusto).
Il Prosecco DOC, vino che abbiamo imparato ad amare, ha cominciato ad essere prodotto nel modo moderno solo nel diciannovesimo secolo, rendendola una delle nostre più grandi “scoperte” enologiche. Porta questo nome proprio grazie a Prosecco, piccola cittadina vicino a Trieste.
L’area del Prosecco DOC, che copre 9 province tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, è l’unica zona al mondo in cui può essere prodotto. È un epitome di qualità. La denominazione è una sicurezza sia di provenienza che di qualità del prodotto, in quanto per ogni bottiglia i vignaioli della zona seguono determinati standard e protocolli, secondo regole scritte nel Disciplinare di Produzione.
Le 9 province del nord-est Italia in cui può essere prodotto il Prosecco sono: in Veneto, Venezia, Vicenza, Padova, Belluno e Treviso; invece in Friuli Trieste, Udine, Gorizia ed infine Pordenone.
Ma cos’è il Prosecco?
Per metterla giù in maniera semplice semplice, il Prosecco è uno spumante prodotto quasi interamente da uve Glera, prodotto in due regioni italiane, come menzionato prima, in Veneto ed in Friuli.
Queste uve regalano caratteristici sentori primari alle nostre bollicine, tipiche del varietale, in primis troviamo fiori bianchi, pera, mela e frutta con nocciolo. Il perlage invece è composto da bollicine fini ed eleganti. Troverete nei vostri studi -come potete immaginare questi studi richiederanno molta pratica, dunque un numero interessante di “assaggi” – che il Prosecco di grande qualità può presentare note gustative che ricordano la nocciola, la vaniglia, banana, frutti tropicali e crema.
I vini prodotti con Metodo Martinotti, come il Prosecco DOC, richiedono tempi ridotti rispetto ai vini che usano il Metodo Classico.
Detto questo potreste pensare che un metodo o bottiglia sia dunque superiore all’altra, ma non siamo d’accordo, sono semplicemente due tipologie molto diverse di vino. Il metodo Martinotti produce un vino più leggero, fresco e giovane, pensato per essere degustato ain leggerezza. In effetti il Prosecco non è pensato per “invecchiare” è un vino dal pronto consumo, da bere in un paio d’anni.
Abbiamo parlato molto di metodi, vi starete probabilmente chiedendo come si fa, davvero, a spumantizzare un vino bianco fermo?
Come dicevamo poche righe più su, il metodo che si usa per produrre il Prosecco prevede l’uso di autoclavi e si chiama Charmat-Martinotti. Questo metodo è diverso da “Méthode Champenoise” che è il metodo di produzione dello Champagne, anche chiamato Metodo Classico.
In questa velocissima lista vi spiegheremo le tappe della produzione della bottiglia di Prosecco DOC che immaginiamo ormai abbiate aperto.
- In primis parte la raccolta delle uve, nel momento in cui c’è perfetto equilibrio tra componente zuccherina e acidica.
- Segue la pigiatura delle uve fino a produrre un “succo” chiaro e nitido.
- A seguire, il nostro succo viene posto in autoclavi di acciaio per la prima naturale fermentazione. Questo processo produrrà un vino bianco fermo.
- Il nostro vino base viene quindi trasferito in una seconda autoclave di acciaio sotto pressione, dove, con l’aggiunta di zucchero e lieviti autoctoni, viene sottoposto alla seconda naturale fermentazione. Durante questa fase di rifermentazione che dura tra un minimo di 30 giorni (60 per il Prosecco DOC Rosé) a 6 mesi all’incirca, parte la magia: i lieviti “mangiano” gli zuccheri e li trasformano in alcol e Co2, le nostre bollicine sono dunque intrappolate dal autoclave nel nostro vino, senza via di scampo fino alla fatidica apertura della bottiglia a casa nostra, al bar o al ristorante.
- Dopo la seconda fermentazione, si filtra il tutto per rimuovere sedimenti, residui di lieviti.
- Un macchinario specifico si assicura che la stessa pressione che avevamo nell’ultimo serbatoio sia la stessa che ritroveremo in ogni bottiglia.
- Ultimo step, ma non meno importante, l’etichettatura!
Adesso che la parte da studiosi è finita, passiamo a una domanda fondamentale: che cibi posso abbinare al mio Prosecco?
- Il Prosecco è estremamente versatile per quanto riguarda l’abbinamento col cibo grazie alle sue bollicine delicate e buona acidità, sopratutto un bel tagliere di salumi e formaggi per l’aperitivo, ed una grande varietà di antipasti. Le bottiglie più “amabili” di Prosecco sono una vera meraviglia quando abbinate a piatti cremosi e piccanti, come certe leccornie tipiche del sud est asiatico, una buonissima Tom Yum dalla Tailandia o un curry verde.Per chiudere questa breve storia sul nostro Prosecco DOC l’ultima cosa da dire è che quando vi viene voglia di qualcosa di fresco, non complicato, aprite il frigo, prendete un bicchiere ed aprite una bottiglia di Prosecco DOC. Non ve ne pentirete, la sola cosa che potrebbe rovinarvi la serata sarebbe non averne un’altra subito in fresco!
Metafora calcistico-televisiva a parte, rimane un dato di fatto: il vitigno Glera, storicamente diffuso nel Veneto, costituisce la base del Prosecco DOC, in quanto le sue uve devono essere contenute in una percentuale minima dell’85% all’interno di quello che è lo spumante più conosciuto al mondo. Il restante 15% può essere costituito da varietà autoctone quali Verdiso, Bianchetta Trevigiana, Perera e Glera Lunga e da varietà internazionali quali Chardonnay e Pinot.
Il vitigno Glera è intrinsecamente legato al Veneto, ma in seguito allo straordinario successo del Prosecco DOC la sua coltivazione si è estesa anche in Friuli-Venezia Giulia; in realtà si potrebbe parlare di ritorno alle sue radici dato che è proprio un paese vicino a Trieste, che non a caso si chiama Prosecco, la località di origine del nostro beniamino.
Il Glera è un tipo di uva bianca; i suoi tralci sono di tonalità nocciola scura e producono grappoli d’uva color paglierino; il suo utilizzo si fa risalire sin all’epoca degli Antichi Romani, che consideravano il vino Pucino -l’antenato del nostro Prosecco- un vero elisir di giovinezza.
Robusto e vigoroso, il vitigno Glera regala al Prosecco DOC una piacevolissima – nonché riconoscibilissima – nota acidula ed eleganti aromi fruttati. Nella definizione delle caratteristiche del Glera, poi, ulteriori differenze si notano in base alla zona di coltivazione: le diverse condizioni climatiche e dei terreni regalano infatti ai vitigni a maggior altitudine note floreali e fruttate; nella media collina i sentori sono agrumati e richiamano la mela verde; il floreale e il fruttato fresco denota invece quelli della pianura.
Dopo la vendemmia ha inizio il processo produttivo del Prosecco DOC attraverso la fermentazione in autoclave con il Metodo Martinotti-Charmat.
La rifermentazione in autoclave è infatti capace di esaltare le caratteristiche delle uve, in particolare i sentori floreali e fruttati. La varietà semi-aromatica Glera, grazie ad un periodo di spumantizzazione (ossia di fermentazione alcolica in ambiente chiuso, dove l’anidride carbonica che si sviluppa da questo processo, essendo “rinchiusa”, viene assimilata naturalmente nel vino) lungo 30 giorni per il Prosecco DOC e 60 giorni per il Prosecco DOC Rosé, vede così amplificati nel calice i suoi tipici e delicati profumi di glicine, gelsomino, pera, mela verde e agrumi.
Lo Spritz, il Prosecco DOC e il Veneto sono legati da un doppio filo che mai e per nessuna ragione al mondo potrà essere spezzato. L’uno vive in funzione dell’altro e viceversa, esattamente come avviene in quelle coppie sposate e parecchio rodate, con un figlio bravissimo ed educatissimo che tanto invidiamo. Un terzo di Prosecco DOC Brut o Extra Dry, un terzo di bitter e un terzo di acqua frizzante, ed è subito Spritz (ma pure festa): nasce così uno dei cocktail più apprezzati, conosciuti e bevuti in Italia e nell mondo. Sinonimo di aperitivo – e non solo –, questo cocktail è protagonista fin dalla metà dell’800 dei brindisi sotto il dominio austro-ungarico.
Si racconta che la ricetta originale sia nata per caso, quando gli austriaci per allungare il vino – al fine di renderlo meno alcolico – iniziarono ad aggiungervi l’acqua di selz, ossia un’acqua particolarmente gassata che veniva letteralmente spruzzata per annacquarlo: da qui il nome tedesco spritzen che significa, appunto, “spruzzare”.
Col passare dei secoli, il presentimento di avere tra le mani un drink dalle grandi potenzialità divenne certezza al punto da dare origine a rivisitazioni più o meno conosciute e più o meno improvvisate. A seconda della regione in cui ci si trova, o addirittura del locale all’interno di una stessa città, ordinare uno Spritz si rivela un’esperienza mai uguale a sé stessa: a Treviso, per esempio, troviamo Prosecco DOC Brut o Extra Dry e Aperol o Campari rosso con una fetta d’arancia o d’oliva; a Venezia si usa il Select o il Cynar. E ancora, a Udine la ricetta prevede Aperol o Campari e una buccia di limone; a Trieste resiste la tradizione austro-ungarica con vino e acqua gassata.
50 sfumature probabilmente sono pure troppe, però possiamo comunque rimanere in tema: ecco allora 7 varianti di Spritz per 7 fratelli (o per chiunque non voglia lasciarsi sfuggire l’occasione di brindare senza annoiarsi).
Bitter Spritz. La sostituzione del Campari al classico Aperol conferisce a questa versione un retrogusto più amarognolo e persistente. Per il resto, il procedimento e le proporzioni da seguire sono le stesse: in un tumbler o in un calice, versate il Prosecco DOC Brut o Extra Dry, aggiungete il bitter e completate con acqua gassata; decorate infine con una fetta d’arancia e servite con abbondante ghiaccio.
Spritz Select. Da alcuni conosciuto come il vero “Spritz veneziano”, questa variante più che essere una vera e propria rivisitazione se la batte con la ricetta tradizionale: l’unica differenza è l’aggiunta del Select al posto del bitter. (Per i neofiti: trattasi di un liquore agrumato dal colore rosso acceso e dal gusto più dolce, esaltato dalla combinazione di fette di arancio o di limone).
Cynar Spritz. Uno Spritz complesso, quasi da meditazione. Le note aromatiche del bitter al carciofo lo rendono meno sbarazzino del classico cocktail, ma allo stesso tempo meno agrumato rispetto allo Spritz Select. Il Cynar Spritz rappresenta quindi una piacevole via di mezzo, in cui la componente dolce-amara del carciofo ben si sposa con la freschezza di Prosecco DOC.
Il Pirlo. Come viene chiamato lo Spritz a Brescia, a base di Prosecco DOC, bitter e acqua gassata, ma presentato in uno scenografico bicchiere a palloncino con una fetta d’arancia.
Spritz bianco con limone. La veste triestina dello Spritz. Il colore cristallino vi farà pensare di bere una semplice soda, ma al primo sorso verrete travolti da un’inaspettata sorpresa. Un perfetto mix di Prosecco DOC, soda e succo di limone perfetto per tutti i gusti, anche per chi non ama gradazioni alcoliche eccessive.
Spritz alla messicana. Una versione esotica e diversa dal solito: in un bicchiere da cocktail mescolate sciroppo d’agave, Vermouth, Cointreau, Prosecco DOC Brut o Extra Dry, e ovviamente accompagnate il tutto con tacos e guacamole.
Spritz Hugo. Nato in Alto Adige, dalle mani sapienti del bartender Roland Gruber. Prosecco DOC Brut o Extra Dry, due foglie di menta, un goccio di soda, un filo di sciroppo di sambuco. La marcia in più? Un goccetto di succo di lime o limone che rende l’Hugo meno dolce e “monotematico”.
Cosa significa perlage e perché è una caratteristica importante nel Prosecco Doc
Perlage è un termine enologico usato per descrivere le bollicine all’interno di un calice di spumante che, salendo in superficie in sottili percorsi, ricordano proprio delle collane di perle. Per gli intenditori, il perlage è un indicatore della qualità di un Prosecco (o di un vino spumante) importante quanto il suo gusto.
Queste numerose “collane di perle” sono il risultato della seconda fermentazione del vino che avviene in autoclave: in questa fase, infatti, l’attività di zuccheri e lieviti porta alla produzione di alcol etilico e Co2, che non fuoriuscendo dalla cisterna, rimane intrappolata nel vino in forma liquida. La CO2 sarà presente anche dopo l’imbottigliamento, grazie all’alta pressione all’interno delle bottiglie di vetro.
Quando la bottiglia viene aperta e il vino versato, lo spumante si trova improvvisamente alla normale pressione atmosferica, liberando tutta la Co2 sotto forma di bollicine. Delle bollicine sottili in un Prosecco sono testimoni dell’età: la Co2 viene intrappolata sottopressione allo stato liquido, una volta liberata, non essendo più schiacciata dalla pressione, torna allo stato gassoso sotto forma di perlage.
Se un prosecco ha delle bollicine sottili, non è garanzia di un’elevata qualità del prodotto, ma ne testimonia in modo attendibile solo l’età: con il passare degli anni il vino frizzante perde anidride carbonica tramite il tappo di sughero e le bolle perdono intensità e dimensione.
Un altro fattore cruciale nel comportamento delle bolle è la temperatura. Questa non influisce molto sulle dimensioni delle bolle, ma sulla viscosità dello spumante. A temperature leggermente più calde, il vino è meno viscoso, più sottile, ed è quindi maggiore la velocità con la quale le bollicine – e dunque le particelle di anidride carbonica – lasciano il bicchiere, facendone esaurire l’effervescenza molto più velocemente.
In generale, i bevitori di Prosecco – e di spumante – preferiscono di gran lunga le bolle che salgono lentamente, visivamente più attraenti, e viene preferito un vino freddo. Ma se il vino è troppo freddo, gli aromi sono meno percepiti dal bevitore. Dunque non esiste una temperatura di servizio perfetta, è una questione di compromesso, anche se viene consigliato di servire Prosecco DOC tra i 6°C e gli 8°C.
Gérard Liger-Belair, professore associato di Fisica all’Università di Reims Champagne-Ardenne, in un interessante esperimento, ha studiato il comportamento del perlage in un bicchiere di spumante. Ha ripulito dei bicchieri da vino con un acido molto potente, per rimuovere eventuali particelle di polvere o fibre. Quindi li ha riempiti di Champagne. Sorprendentemente, il fisico ha scoperto che in un bicchiere così perfettamente pulito non appaiono bolle, e il vino appare fermo. L’anidride carbonica disciolta, in questo caso, attua la sua fuga come al solito, ma impercettibilmente, risalendo dalla superficie del vino senza effervescenza.
Questo avviene perché una bolla, per formarsi, ha bisogno di un luogo di nascita, una sacca d’aria che l’aiuti a emergere dal liquido. Di solito questi luoghi di origine delle bollicine sono fibre di cellulosa invisibili, rilasciate da un panno o dall’aria sulla superficie interna del vetro. Ovunque ci sia una fibra, una minuscola bolla di gas si forma nel liquido e poi sale attraverso il vino, crescendo di dimensioni man mano che raccoglie più anidride carbonica, fino a quando non scoppia in superficie. Una di queste particelle di fibra può produrre decine di migliaia di bolle.
Dunque in un bicchiere, lavato e perfettamente asciugato in lavastoviglie, lo spumante mostrerà meno bollicine. Per questo i bicchieri da spumante vengono strofinati con un panno asciutto appena prima di servirli e alcuni produttori di bicchieri da spumante, addirittura, applicano con il laser una zigrinatura speciale all’interno del bicchiere.
Le bolle contribuiscono anche a enfatizzare il gusto e il bouquet degli spumanti. Grazie al loro movimento continuo, creano nel vino delle correnti che aiutano a far circolare il liquido nel bicchiere. Poi, quando salgono in superficie e scoppiano, rilasciano nell’aria sopra il bicchiere minuscole particelle di vino, accentuando moltissimo l’aroma.
Un viaggio unico tra le pizzerie e i ristoranti premiati da 50 Top Pizza e 50 Top Italy alla scoperta delle prelibatezze italiane più amate in ogni angolo del mondo.
Dagli Stati Uniti al Giappone, 16 pizzaioli, chef e manager hanno raccontato la loro esperienza proponendo un abbinamento alla bollicina bandiera del Made in Italy, il Prosecco DOC.
E tu, sei pronto a partire?